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È il titolo della tesi di laurea presentata presso l’Università degli Studi della Basilicata premiata con il massimo dei voti. La Tesi di Laurea è disponibile in formato zip nella lingua Italiana nell’area download

Università degli Studi della Basilicata
Facoltà di Ingegneria

Relatore

prof. Ing. Paolo Renna

Laureando

Nicola Montefinese

Sviluppo di un modello di simulazione di una Supply Chain con il software Powersim

Sommario

1. La simulazione nei sistemi produttivi

1.1 Introduzione

I sistemi reali, definiti come insiemi di entità interagenti, sono caratterizzati da elevata complessità, dinamicità e casualità; ciò rende difficoltosa la comprensione del comportamento del sistema e quindi la sua razionalizzazione e gestione.
La simulazione è un importante strumento di supporto alle decisioni che offre l’opportunità di vedere funzionare il proprio sistema in un computer.
Con il termine di simulazione si intendono quelle tecniche che con l’ausilio del calcolatore “imitano”, ovvero simulano il comportamento di un sistema.
Molti dei recenti pacchetti di simulazione mostrano una tendenza ad allontanarsi dai primi formati che provvedevano un’approssimazione semplificata del mondo reale che tentavano di emulare.
I primi simulatori si presentavano all’utente con limitate e spesso fisse opzioni in termini di controllo e risultati; davano limitata libertà di esplorazione e piccola interattività.
Traendo vantaggio dalla potenza degli odierni personal computer, dallo sviluppo delle reti di trasmissione delle informazioni e di internet, con l’emergere di concetti quali connettività e convergenza, con la diffusione di sistemi informatici e telecomunicazioni , è ora possibile offrire ambienti di simulazione che replicano fedelmente le esperienze del mondo reale.
Questo specialmente nell’ambito della progettazione e dell’analisi dei sistemi di tipo produttivo e logistico anche da parte di utenti non specialisti.
Il problema della progettazione di sistemi complessi, integrati e caratterizzati da una natura tipicamente dinamica e stocastica risulta infatti difficilmente affrontabile senza il ricorso a metodologie di simulazione.
In particolare i modelli di simulazione consentono di valutare a priori le prestazioni ottenibili dal sistema considerato prima ancora di procedere alla sua realizzazione o modifica.
In questo modo è possibile prevedere il comportamento del sistema al variare di condizioni e parametri, valutare tutti gli indicatori di performance tecnici ed economici, trovare le soluzioni più opportune, riducendo i costi di investimento e di esercizio e limitando i rischi.
Un tipico caso applicativo riguarda ad esempio i problemi creati dal lancio di un nuovo prodotto in produzione.
Può essere necessario in tal caso valutare e confrontare diverse configurazioni dei magazzini interoperazionali inseriti fra le varie fasi del processo produttivo, con lo scopo di massimizzare la capacità produttiva.
Inoltre, nell’ambito delle politiche di manutenzione da adottare, può porsi il problema di verificare gli effetti indotti sull’impianto da eventuali guasti o malfunzionamenti dei mezzi di produzione; problemi di questo tipo possono essere agevolmente affrontati con metodologie di simulazione.
L’impiego di tali metodologie può riguardare in generale:

  • produttivo da eventuali modifiche della sua configurazione o delle politiche operative adottate;
  • L’analisi del comportamento dinamico del sistema in esame.

Facendo riferimento al problema del corretto dimensionamento dei sistemi di material handling caratterizzati da un elevato livello di automazione, risulta evidente come la natura complessa, integrata e dinamica del problema renda spesso inevitabile il ricorso a metodologie di simulazione, soprattutto in presenza di una forte variabilità dei flussi di materiali.
Orientarsi nella scelta tra i diversi linguaggi e pacchetti software disponibili per la simulazione costituisce un problema non trascurabile dal momento che una scelta sbagliata può rendere difficoltosa, se non impossibile, la “modellizzazione” di un particolare sistema reale considerato.
Per quanto riguarda i sistemi di tipo produttivo e logistico, la scelta più opportuna tra i diversi tipi di software disponibili sul mercato deve essere fatta con criterio in modo da consentire all’utente non esperto di valutare preventivamente i problemi cui andrà incontro decidendo di ricorrere a tecniche di simulazione e quindi di valutare le risorse (temporali ed economiche) e le competenze (soprattutto informatiche) necessarie.
Una scelta oculata in questo senso è fondamentale in quanto, a causa della dinamicità e imprevedibilità del mercato globale, le imprese devono ripensare e riprogettare i processi interni e le relazioni esterne utilizzando strumenti e metodologie finalizzate all’ottenimento di un vantaggio competitivo nell’ottica di:

  • Aumentare la propria competitività;
  • migliorare la propria capacità di innovazione;
  • migliorare la capacità di risposta ai mutamenti della domanda;
  • aumentare la profittabilità;
  • aumentare la soddisfazione del cliente.

Si tratta dunque della ricerca dell’eccellenza che spinge le imprese ad adottare sempre più metodologie di simulazione orientate al perseguimento di più elevati livelli di efficienza, efficacia, flessibilità e reattività.

1.2. Metodi quantitativi per l’analisi dei sistemi produttivi

Per analizzare un sistema e quindi ottenere informazioni utilizzabili dal progettista per migliorare lo stesso, è necessario costruire un modello da poter studiare.
I modelli possono essere fisici o matematici. Nello studio dei sistemi produttivi o logistici vengono utilizzati modelli matematici che rappresentano un sistema tramite relazioni logiche e quantitative; queste relazioni vengono modificate per vedere come reagisce il modello e quindi come reagisce il sistema.
Se il modello matematico è semplice lo si può studiare analiticamente, ottenendo dunque una soluzione esatta.
Se invece il modello è piuttosto complesso si utilizza la simulazione, dato che lo studio analitico sarebbe molto dispendioso e difficile.
In questo caso il modello, chiamato simulation model, viene codificato utilizzando un linguaggio di programmazione e viene risolto numericamente partendo da certi input per vedere come si modificano gli output.
Il fattore fondamentale che gioca, quindi, a favore dell’uso di tecniche di simulazione è costituito dall’estrema flessibilità d’impiego, che consente un’agevole “modellizzazione” di sistemi reali comunque complessi, sfuggendo ai vincoli e alle semplificazioni imposti dalle metodologie di tipo analitico.

Una prima classificazione dei modelli matematici vede la distinzione tra modelli deterministici e modelli stocastici.
In un modello deterministico non ci sono elementi probabilistici, mentre questi sono presenti in un modello stocastico.
Introducendo i dati di ingresso in un modello deterministico si ottiene un risultato fissato; in un modello stocastico invece si introducono dati probabilistici e si ottiene un risultato probabilistico, vale a dire una stima delle reali caratteristiche del modello.
Nello studio di impianti produttivi la scelta di modelli stocastici risulta spesso necessaria per tener conto di una serie di aspetti di variabilità e imprevedibilità legati ad esempio alla durata delle singole operazioni(es. montaggio manuale), all’andamento temporale dei flussi materiali(fenomeni di traffico), ad eventuali fenomeni di guasto o malfunzionamento, ecc.
L’elevata complessità del sistema, l’esistenza di variabili probabilistiche, l’esigenza di analizzare gli aspetti dinamici o di transitorio, la necessità di tenere conto di eventuali guasti o malfunzionamenti costringono a rivolgersi verso “modelli di simulazione stocastici”.
Anche tali modelli presentano alcuni svantaggi; l’impiego di un modello di simulazione consente unicamente di rispondere a domande del tipo what-if , cioè di stimare le prestazioni del sistema a fronte di specifiche configurazioni assegnate.
Il processo di progettazione viene in tal caso a configurarsi come un processo per tentativi successivi: a partire da una gamma limitata di alternative progettuali è possibile inizialmente confrontare, sulla base delle prestazioni ottenibili, le diverse configurazioni del sistema considerato e successivamente esplorare, per quelle configurazioni che risultano più convenienti, i possibili miglioramenti conseguibili con diversi criteri di dimensionamento o con differenti politiche operative.
Questa limitazione intrinseca delle tecniche di simulazione può essere in parte superata mediante l’impiego di opportune metodologie statistiche che consentono di stimare, per un’assegnata configurazione del sistema, le principali relazioni che legano le variabili progettuali con le variabili di prestazione; diventa, così, possibile superare un approccio “per tentativi” ed individuare l’insieme di scelte progettuali che favoriscono il funzionamento ottimale del sistema.
Un’ulteriore classificazione per i modelli matematici riguarda la distinzione tra modelli di tipo “continuo” e modelli di tipo “discreto”.
Nel primo caso le caratteristiche dell’impianto subiscono mutamenti di stato di tipo continuo(ad esempio le caratteristiche dei fluidi all’interno di impianti di processo), nel secondo caso i mutamenti di stato all’interno dell’impianto si verificano unicamente in corrispondenza di intervalli temporali discreti.
I modelli di simulazione considerati nei sistemi di material handling nell’industria manifatturiera sono discreti, dinamici e stocastici, e sono chiamati discret-event simulation model. In questi modelli le variabili di stato possono cambiare solo in certi istanti di tempo.
Solo in questi istanti può accadere un evento, termine con il quale si intende un qualsiasi avvenimento istantaneo che può modificare lo stato del sistema.

1.3. Fasi della simulazione

Le operazioni di codificazione necessarie per costruire un modello vanno inquadrate in un processo di studio del sistema che segue diversi passi.
Questo processo non è una semplice sequenza di fasi, infatti è necessario ritornare al passo precedente ogni volta che si acquisiscono conoscenze sempre più approfondite sul sistema.
Il processo di studio del sistema si può suddividere nelle seguenti fasi:

  • Formulazione del problema:viene definito il sistema da studiare e i suoi obiettivi.
  • Raccolta dati:si raccolgono osservazioni e dati quantitativi sul sistema.
  • Costruzione del modello:si formulano delle ipotesi e si costruisce il modello.
  • Validazione:è necessario confrontare le caratteristiche del modello con quelle del sistema tenendo conto di dati sempre più approfonditi per far aumentare la credibilità del modello.
  • Costruzione del programma:si scrive il programma in un linguaggio generico o di simulazione. L’impiego di un simulatore user-friendly può semplificare molto questa attività rispetto all’utilizzo di un linguaggio generico di programmazione.
  • Validazione:si effettuano dei pilot run per vedere se gli output del modello si avvicinano agli output di un sistema già esistente avente le stesse caratteristiche del modello. Se gli output non sono in accordo allora si modificano le ipotesi e il modello stesso.
  • Definizione fase sperimentale:si devono stabilire i valori ottimali del tempo di simulazione, delle condizioni iniziali, del warm-up period, e il numero di run di simulazione necessari.
  • Fase sperimentale:si effettuano i run di simulazione.
  • Analisi dei risultati:vengono elaborati i risultati utilizzando le tecniche della statica per costruire intervalli di confidenza per le misure delle prestazioni del sistema.
  • Presentazione dei risultati e loro implementazione.

 

Fig. 1.1- Flow chart of simulation

Fig. 1.1- Flow chart of simulation

L’utilizzo di tecniche di simulazione coinvolge normalmente tre tipi di variabili che caratterizzano il funzionamento del sistema considerato:

  • variabili di decisione:riguardano le scelte del progettista nell’ambito delle alternative progettuali disponibili per quanto riguarda la configurazione del sistema e le politiche operative adottate;
  • variabili di prestazione:riguardano i parametri utilizzati come indici delle prestazioni fornite dal sistema;
  • variabili esogene o vincoli:riguardano le limitazioni imposte dal progettista, sia per quanto concerne la configurazione dell’impianto che le condizioni operative previste per il suo funzionamento.

Il programma di simulazione fornisce, per ogni iterazione, una serie di osservazioni relative alle variabili di prestazione (variabili dipendenti) in corrispondenza di assegnati valori delle variabili di decisione e delle variabili esogene (variabili indipendenti) ed inoltre consente il monitoraggio continuo del loro andamento, come rappresentato in figura 1.1.

Gli elementi che caratterizzano la struttura logica di un modello di simulazione stocastico a eventi discreti di tipo dinamico – che equivale al modello più adatto per l’analisi dei sistemi logistico-produttivi – sono:

  • ENTITA’: oggetti o persone in transito attraverso il sistema (es. pezzi in lavorazione o unità di carico movimentate);
  • MACCHINE:componenti del sistema che effettuano specifiche attività sulle entità in transito e tutte le risorse che erogano un qualsiasi servizio nel sistema simulato(es. mezzi di produzione o di movimentazione);
  • STATI:le variabili di stato del sistema sono l’insieme di variabili numeriche e logiche che contengono tutte le informazioni necessarie a descrivere la situazione del sistema stesso in ogni istante di tempo;
  • ATTRIBUTI:le variabili permanenti (numeriche o logiche) che caratterizzano stabilmente le grandezze relative alle entità o alle risorse del sistema.
  • ATTIVITA’:operazioni effettuate dalle macchine sulle entità in transito(ad esempio quelle di trasformazione o movimentazione). A ciascuna attività è associata una durata, di tipo deterministico o stocastico, nota all’inizio dell’attività stessa (il ritardo di un’entità in una coda non è un’attività in quanto non ha una durata nota ma dipende dal verificarsi di certe condizioni).
  • CODE:insieme di entità in attesa di accedere a specifiche macchine secondo definite regole di priorità.
  • EVENTO:istantaneo verificarsi di un fenomeno che modifica lo stato del sistema. Ad esempio il prelievo di un’entità da una coda di attesa costituisce un evento, sia perché il magazzino viene a contenere un numero minore di parti, sia perché si modifica la situazione generale del sistema. In corrispondenza degli eventi si producono cambiamenti nelle variabili di stato.
  • OPERAZIONI:sono le attività svolte dalle macchine (fasi attive) e provocate dal verificarsi di determinati eventi. Le operazioni possono essere :
    • immediate:conseguono immediatamente al verificarsi di un evento;
    • condizionate:possono avvenire solo se sono soddisfatte determinate condizioni.
  • SIMULATION CLOCK:è l’elemento che fornisce il tempo corrente di simulazione. Naturalmente non c’è alcuna relazione tra il tempo di simulazione e il tempo necessario per effettuare un run di simulazione sul calcolatore.

 

Prendendo come esempio un impianto di assemblaggio, le entità corrispondono ai prodotti in fase di completamento che transitano attraverso le stazioni di lavoro;a ciascun tipo di entità corrisponde un assegnato ciclo di assemblaggio (attributo); le macchine corrispondono alle stazioni di lavoro che effettuano operazioni di assemblaggio (attività) con durate diverse a seconda del tipo di prodotto; le macchine possono trovarsi nello stato di libero o di occupato; le code corrispondono ai buffer di accumulo dei prodotti in attesa di accedere alle stazioni che si trovano momentaneamente allo stato di occupato.

1.4.I linguaggi di simulazione

L’implementazione di un modello di simulazione discreta su di un elaboratore elettronico richiede l’impiego di un linguaggio di programmazione basato su particolari sintassi e di specifiche conoscenze di logica. I linguaggi disponibili possono essere classificati in tre categorie:

  • linguaggi generali (o general purpose);
  • estensione di linguaggi generali orientati alla simulazione;
  • linguaggi di simulazione.

Alla prima categoria appartengono quei linguaggi di programmazione ad alto livello quali Pascal, C, Fortran, etc., che non essendo dedicati specificatamente ad un’attività di simulazione, richiedono da parte del programmatore uno sforzo maggiore per l’implementazione di tutti i meccanismi e le strutture di dati necessari in un simulatore.
D’altra parte, proprio perché si tratta di linguaggi generali, e quindi molto conosciuti, essi non creano eccessivi problemi al livello di utilizzo.
La seconda categoria è costituita da quei linguaggi ottenuti aggiungendo ai linguaggi generali esistenti, funzioni e costrutti tipici della simulazione sotto la forma di librerie di sottoprogrammi o procedure richiamabili dal programma di simulazione scritto in un linguaggio general purpose.
Esistono ormai sul mercato diversi linguaggi di simulazione in grado di facilitare il compito del programmatore, che con i suddetti linguaggi è in grado di scrivere con poche righe di programma interi modelli o sottomodelli che altrimenti richiederebbero tempi di stesura assai più lunghi con conseguente aumento della probabilità di errore.
A questi vantaggi, tuttavia, si possono contrapporre alcuni inconvenienti quali la minore efficienza (cosicchè di solito il tempo di elaborazione aumenta) oppure la scarsa diffusione del linguaggio stesso dovuta al fatto che soltanto un numero ristretto di persone è in grado di padroneggiare efficacemente questo tipo di linguaggio.
Con riferimento all’evoluzione dinamica del sistema è possibile distinguere tra tre diverse metodologie di simulazione; si parla quindi di:

  1. simulazione orientata agli eventi (event-based);
  2. simulazione orientata ai processi (process-based);
  3. simulazione orientata alle attività (activity-based).

La simulazione orientata agli eventi, tipica dei linguaggi di programmazione definiti in precedenza come generali, considera una serie di eventi che possono verificarsi nel corso dell’evoluzione del sistema; ciascun evento è descritto da una subroutine che può modificare o meno lo stato di tutti i componenti del sistema.
In questo tipo di approccio viene definita una lista, detta calendario degli eventi, nella quale vengono elencati i diversi eventi ordinati in base all’istante temporale di accadimento. Una volta inizializzato il modello di simulazione, l’evoluzione del sistema viene descritta dall’alternarsi di due distinte fasi dette di scan e di rescan:

  • nella prima (fase di scan) il programma individua il primo elemento nel calendario degli eventi e trasferisce il controllo alla routine associata a tale evento, la quale realizza le necessarie trasformazioni dello stato del sistema, mentre l’orologio di simulazione viene fatto avanzare fino all’istante corrispondente all’accadimento dell’evento considerato;
  • al termine della fase di scan il sistema viene nuovamente analizzato (fase di rescan), verificando se esistono le condizioni per iniziare una o più delle attività che il sistema è in grado di svolgere e aggiornando le relative variabili di stato. L’insieme delle attività avviate durante questa fase consente di definire la lista degli eventi futuri, corrispondenti agli istanti in cui terminano le attività avviate. Durante questa fase il tempo di simulazione rimane fermo.

Nell’approccio orientato ai processi il simulatore è costituito da un insieme di procedure che descrivono tutto ciò che succede ad un’entità che progressivamente attraversa il sistema; il modello è pertanto descritto da un diagramma a blocchi, ognuno dei quali rappresenta un processo, collegati tra di loro da archi orientati lungo cui fluiscono le entità.
In ogni linguaggio di simulazione orientato ai processi è presente un insieme di macro-istruzioni che traducono automaticamente un certo numero di situazioni che si presentano più frequentemente durante un modello di simulazione.
L’approccio process-based sembra essere particolarmente adatto per la descrizione dei processi produttivi, ma può comportare complicazioni quando le operazioni coinvolgono diversi tipi di risorse.
L’approccio orientato alle attività richiede la definizione delle condizioni necessarie per l’inizio e il termine di ciascuna attività prevista dal modello.
Questo presuppone l’esistenza di un modulo del programma per definire ogni attività che impegna le entità; il modulo stesso include un test per determinare se l’attività può essere iniziata e se le azioni sono eseguibili.
Questo tipo di approccio è il più facile per un non-specialista ed è indubbiamente il più semplice dal punto di vista della programmazione.
I linguaggi di simulazione basati sugli ultimi due approcci consentono di rappresentare il sistema in esame descrivendo la sequenza di processi (o attività) che ciascuna entità attraversa in sequenza dall’istante di ingresso nel sistema fino all’istante di uscita.
Ne consegue una notevole semplificazione nel lavoro di programmazione. Il sistema in esame può cioè essere schematizzato come una rete di nodi o blocchi costituiti da macchine, code e punti di diramazione, attraverso le quali transitano le entità seguendo percorsi differenziati a seconda degli specifici attributi assegnati a ciascuna di esse.
Ad ogni tipo di nodo corrisponde, dal punto di vista del programma di simulazione, una macroistruzione (ad esempio: activity per una macchina, queqe per una coda, ecc.).
Al programmatore resta unicamente il compito di scegliere le macroistruzioni che descrivono i nodi del sistema, assegnare per ognuna di esse i parametri che caratterizzano il funzionamento del nodo corrispondente e di stabilire i necessari collegamenti fra le diverse macroistruzioni (corrispondenti ai collegamenti esistenti tra i nodi della rete che descrive il sistema).

1.5. La scelta del software di simulazione

Nella scelta dei prodotti software di simulazione è opportuno tenere conto dei seguenti fattori:

  • modalità di sviluppo del programma: di tipo batch e/o di tipo interattivo. Alcuni tipi di software consentono lo sviluppo interattivo del programma mediante apposite sequenze di menù;
  • sintassi: se facilmente comprensibile e priva di ambiguità, consente un rapido e corretto sviluppo del modello;
  • modularità del software, tale da consentire uno sviluppo modulare del modello nelle sue diverse componenti ( layout, caratteristiche dei mezzi di produzione, struttura dei flussi materiali, ecc.). In questo modo i singoli componenti del modello possono essere modificati in modo indipendente;
  • flessibilità del software, intesa come adattabilità alla modellizzazione di sistemi variamente configurati e/o caratterizzati da differenti modalità di funzionamento. Normalmente l’approccio orientato agli eventi offre maggiori gradi di flessibilità, tuttavia lo sviluppo dei modelli risulta in tal caso particolarmente lungo e noioso. L’approccio orientato ai processi risulta più rapido a prezzo di una minore flessibilità, dovuta alla necessità di utilizzare esclusivamente le istruzioni standard previste dal software prescelto;
  • concisione di modellizzazione: quanto più potenti sono le istruzioni standard previste nel linguaggio di simulazione tanto più il modello risulterà conciso;
  • capacità di descrivere sistemi di material handling sia di tipo continuo sia di tipo intermittente in modo adeguato (ad esempio carrelli industriali, convogliatori che devono essere facilmente inseribili nel contesto in esame, con le opportune logiche di funzionamento);
  • generazione di rapporti relativi all’analisi statistica dei dati di output ottenuti nei diversi lanci del programma di simulazione;
  • facilitazioni grafiche come l’animazione su video del funzionamento simulato del sistema, con diverse scale di ingrandimento, e capacità di dialogo con altri linguaggi;
  • debugging interattivo del modello;
  • compatibilità hardware: il modello può essere inizialmente sviluppato su personal computer e successivamente, al crescere della complessità, trasferito su minicomputer o mainframe;
  • documentazione (manuale e guida operativa esaustivi), addestramento (esempi di problemi risolti o corsi finalizzati), assistenza, aggiornamento continuo del prodotto, possibilità di scambio di informazioni ed esperienze tra utilizzatori.

2. Powersim Studio

2.1. Approccio all’analisi dinamica dei sistemi (System dynamics approach)

Molti modelli di simulazione contengono variabili che cambiano continuamente. In altri modelli i cambiamenti delle variabili avvengono gradualmente in un periodo di tempo esteso; tuttavia esse possono essere trattate come continue.
Un esempio potrebbe essere l’ammontare dell’inventario di un negozio all’ingrosso, in un sistema produttivo di distribuzione, nel corso di molti anni. Nel momento in cui la domanda del cliente è adempita l’inventario si svuota e ciò induce ad un nuovo ordine verso la fabbrica per ristabilire la scorta in magazzino.
Col tempo, particolarmente se gli ordini sono piccoli e frequenti, come accade nel sistema just-in-time, il livello di inventario può essere rappresentato da una funzione continua.
Le variabili continue sono spesso chiamate variabili di stato. Un modello di simulazione continuo definisce le equazioni per relazionare fra loro le variabili di stato cosicché i comportamenti dinamici del sistema possono essere studiati nel corso del tempo.
Una metodologia per simulare i sistemi continui è un’activity-scanning approach in cui il tempo è suddiviso in piccole parti.
Le equazioni che definiscono il modello sono usate per determinare come le variabili di stato cambiano durante un periodo di tempo.
Una specifica metodologia di simulazione continua è chiamata system dynamics (SD) ovvero analisi dinamica dei sistemi (ADS).
System dynamics è una metodologia di simulazione basata sull’utilizzo del computer sviluppata presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) negli anni cinquanta come uno strumento per i managers per analizzare problemi complessi.
Oggigiorno il suo pubblico principale è costituito ancora dai managers anche se il suo utilizzo si è esteso anche in accademia, dove professori e studenti lo usano per modellare sistemi di ogni disciplina concepibile, dalla storia e letteratura alla biologia, fisica ed economia.
La parola “dynamics” implica cambiamenti continui ed è ciò che i sistemi dinamici fanno – cambiano continuamente col tempo. La loro posizione, o stato, non è la stessa oggi come lo era ieri e domani cambierà ancora.
Usando “system dynamics simulation” si ha la possibilità non solo di vedere gli eventi, ma anche modelli di comportamento col tempo.
La simulazione è sia volta indietro a risultati storici ma guarda anche in avanti per predire i possibili risultati futuri.
SD mostra come la struttura di un sistema è la causa dei suoi successi o fallimenti. Questa struttura è rappresentata da una serie di relazioni causalmente collegate fra loro.
Le simulazioni dei sistemi dinamici servono non solo a comunicare quello che accadrebbe, ma anche perché.
Questo perché le simulazioni sono progettate per corrispondere a quello che è, o potrebbe accadere, nel mondo reale.
System dynamics si focalizza sulla struttura e il comportamento dei sistemi che sono composti da interazioni fra variabili.
Un system dynamics model usualmente prende la forma di un diagramma di influenza che mostra le relazioni e interazioni fra un set di variabili.
System dynamics è ,quindi, un approccio sperimentale all’analisi dei sistemi.
E’ un modo per capire sistemi complessi modificandoli o cambiandoli in qualche modo. Esso è anche un approccio per valicare o stimare le conseguenze di un’implementazione analitica di un modello o raccomandazioni per un report di un caso di studio.
E’ importante evidenziare che questo approccio porta a vedere l’organizzazione in termini di flussi e non di funzioni. SD è lo strumento ideale per supportare il processo decisionale nell’attività di programmazione e di pianificazione, in quanto:

  • La variabile tempo è insita nel sistema, che ragiona su intervalli di tempo (ieri – oggi; oggi – domani);
  • Può trattare tutte le variabili qualitative rilevanti al successo del modello decisionale, oltre ovviamente a quelle quantitative;
  • Offre alta flessibilità a livello di dettaglio nel disegno del modello da esaminare (helicopter view);

E’ importante predefinire il livello di analisi di dettaglio a cui si vuole arrivare o la distanza che si vuole prendere per meglio comprendere sia le reali problematiche sia il contesto. Dal punto di vista metodologico SD è, inoltre, molto accurato nel guidare l’utente nel processo di modellizzazione e di definizione delle varie fasi:

  1. individuazione del fattore chiave del problema;
  2. individuazione delle relative variabili;
  3. classificazione e livelli di importanza delle variabili individuate;
  4. formalizzazione del problema, definizione delle relazioni tra variabili rilevanti;
  5. disegno del modello (fase qualitativa, cioè schematizzazione cartacea);
  6. realizzazione del modello computerizzato (fase quantitativa, cioè modello di simulazione);
  7. simulazione e test del modello.

L’utente viene anche supportato lungo tutto il processo decisionale:

  1. individuazione delle soluzioni (alternative);
  2. definizione dei sistemi di misurazione dei risultati e degli impatti in termini sia quantitativi che qualitativi (ove possibile);
  3. evidenziazione dei fattori qualitativi;
  4. valutazione e comparazione dei diversi risultati;
  5. valutazione degli effetti delle diverse ipotesi considerate;
  6. scelta di quella ottimale;
  7. decisione finale.

Il rischio che si può correre sta nel perdersi nella realizzazione di mega-modelli, costruiti per gestire tutte le variabili possibili e immaginabili; la forza di questi tipi di sistema sta nella loro capacità di sintetizzare macro-modelli e sviluppare i sub-modelli di dettaglio rilevanti al processo decisionale in atto.
Questo risultato può essere raggiunto sia implementando il modello di sintesi di partenza, sia sviluppando altri modelli e integrandoli tra di loro.
Il processo prevede di tradurre (trasformare) il modello formale in modello computerizzato prima per verificarne i comportamenti, poi per verificare le politiche decisionali in atto, proiettandole e simulandone sia i risultati sia gli impatti ambientali derivanti dall’eventuale attuazione della decisione da prendere.
Ogni impresa ha degli obiettivi, più o meno formalizzati, ed è compito dell’organizzazione monitorare i trend gestionali per garantire il raggiungimento degli obiettivi stessi.
In definitiva si può affermare che SD incorpora caratteristiche che lo rendono specialmente utile per certi problemi:

  • SD può modellare l’effetto delle informazioni di retroazione (feedback information) sulla direzione futura del modello. Per esempio se il tempo del ciclo di un processo di produzione diviene eccessivo, la gestione interverrebbe tipicamente per apportare cambi al processo stesso, mentre simulando parecchie volte il processo evidenzierebbe semplicemente che il tempo del ciclo stava continuando a crescere. System dynamics maneggia tutto ciò facilmente.
  • Per facilitare l’uso del feedback d’informazioni SD separa accuratamente le informazioni accumulate sullo stato del sistema e le informazioni alimentate da quello stato per controllare l’evoluzione degli stati futuri.

Queste due caratteristiche chiave abilitano un modello di system dynamics a indirizzare in maniera appropriata situazioni che evolvono col tempo.

2.2. Strumenti e regole del System Dynamics

System dynamics utilizza un set di strumenti che permettono ai professionisti di visualizzare e succintamente raffigurare modelli mentali di un sistema, comunicare quei modelli agli altri e aumentare la comprensione dei sistemi.
Non c’è una sola formula per l’uso di ciascuno di questi strumenti, ma c’è un numero di suggerimenti che possono aiutare a chiarire e permettere di capire la potenza del loro utilizzo.
Le simulazioni dei sistemi dinamici sono basate sui principi di causa ed effetto, retroazione (feedback) e ritardo (delay).
Alcune semplici simulazioni incorporano una o due di questi principi; simulazioni più sofisticate usano tutti e tre i principi per riprodurre comportamenti che si incontrano nel mondo reale.

  • Causa ed effetto

Causa ed effetto è un concetto semplice; significa sostanzialmente che azioni e decisioni hanno conseguenze. Il prezzo influenza le vendite, le nascite influenzano la quantità della popolazione, la pubblicità influenza il mercato.
Se si esaminano queste relazioni di causa ed effetto isolatamente, sono facili da capire. Tuttavia quando sono combinate in catene lunghe di causa ed effetto possono divenire complesse.
Questa è un’ottima ragione per usare la simulazione. La mente umana è brava nello sviluppare intuizioni per risolvere problemi complessi, ma è povera nel monitorare dozzine, centinaia, migliaia di interconnessioni e relazioni di causa-effetto.
Causal-loop diagrams: sono spesso usati per illustrare le relazioni causa-effetto. In tali diagrammi si usano delle frecce per indicare relazioni.
A volte, nel diagramma, sono incluse anche le informazioni riguardanti il modo in cui le relazioni funzionano.
Una “o” aggiunta nel diagramma implica un “cambio nella direzione opposta”. Nella relazione tra prezzo e vendita, un aumento di prezzo induce ad una riduzione delle vendite. La relazione tra nascite e popolazione è diversa dalla precedente in quanto un aumento di nascite implica un aumento di popolazione. Quest’ultima è una situazione in cui un cambio induce ad un altro cambio nella stessa direzione. Per indicare ciò si aggiunge una “s” alla freccia nel diagramma.
La figura 2.1 mostra un semplice causal-loop diagram in cui il prezzo ha un effetto negativo sulle vendite che a sua volta ha un effetto negativo sul costo unitario che a sua volta ha un effetto positivo sul prezzo.

 

Figura 2.1 -Un semplice causal-loop diagram che illustra le connessioni tra prezzo, vendita e costo unitario.

Figura 2.1 -Un semplice causal-loop diagram che illustra le connessioni tra prezzo, vendita e costo unitario.

  • Retroazione (Feedback)

Feedback è un concetto che molte persone associano ai microfoni e altoparlanti.
Un microfono che non è configurato in maniera appropriata raccoglierà il suono proveniente dal suo stesso altoparlante.
Questo suono verrà amplificato ulteriormente dall’altoparlante e raccolto nuovamente dal microfono.
Questo processo va avanti finchè l’altoparlante che sta producendo suoni amplificati può farlo o il microfono non può raccogliere ulteriori suoni amplificati.
Se il microfono e l’altoparlante fossero impostati correttamente il sistema funzionerebbe linearmente.
Questo è il principio generale di feedback. Alcune catene causali sono collegate cosicché causa ed effetto si ripercuotono l’una sull’altro. Questo accade dappertutto nel mondo reale in tutti i tipi di sistemi, sebbene le persone non ne sono spesso consapevoli.
Fissare il prezzo competitivo è un esempio di feedback. Ogni venditore fissa il prezzo basandolo su quello del proprio concorrente e così via.
Il semplice causal-loop diagram figura 2.1 illustra il feedback come visto nell’esempio di prezzo e vendita.
Se si usasse una strategia per fissare il prezzo basata sui costi, si potrebbe mostrare che come aumentano le vendite, il costo unitario per prodotto scende. Come i costi unitari scendono, calano anche i prezzi. Se il prezzo scende, le vendite salgono.
Relazioni di feedback possono produrre una grande varietà di comportamenti nei sistemi reali e nelle simulazioni dei sistemi reali. La figura 2.2 mostra quattro comuni comportamenti creati da vari cicli di retroazione.

Figura 2.2-Quattro comuni comportamenti creati da vari cicli di retroazione.

Figura 2.2-Quattro comuni comportamenti creati da vari cicli di retroazione.

Exponential growth. (Esempio:una popolazione di conigli);
Goal-seeking behavior. (Esempio:numero di impiegati nella forza-lavoro e numero di nuovi impiegati;numero dei potenziali acquirenti e nuove vendite);
S-shaped behavior. (Esempio:dinamiche del ciclo di vita di un prodotto; l’accettazione di una rivoluzionaria idea scientifica);
Oscillations. (Esempio:oscillazione dell’inventario).

  • Delay (ritardo)

Non tutte le relazioni di causa ed effetto accadono istantaneamente. Qualche volta le conseguenze di una azione o decisione non appaiono fino a molti giorni, mesi, anni dopo l’accadimento di un evento.
E’ difficile capire un sistema quando le conseguenze non possono essere viste in prossimità del comportamento.
Molte decisioni hanno conseguenze che non possono essere conosciute per anni e non possono mai essere collegate ai primi errori.
Delays possono produrre comportamenti interessanti e complessi nei sistemi anche quando essi non hanno feedback e limitata complessità di causa ed effetto. Per illustrare questo si può guardare ancora l’esempio di prezzo e vendite.
La rendita per una linea di prodotti è determinato moltiplicando i prezzi con le vendite.
Aumentando, quindi, il prezzo o le vendite ci sarà un aumento di rendita.

 

 Figura 2.3-Diagramma che illustra l'effetto delle vendite e prezzo sulla rendita


Figura 2.3-Diagramma che illustra l’effetto delle vendite e prezzo sulla rendita

La richiesta di solito è influenzata dal prezzo anche se non immediatamente. I clienti possono richiedere tempo per regolare i loro modelli di consumo dopo un cambio di prezzo. Questo può succedere perché essi hanno informazioni imperfette sulle alternative o sull’infrastruttura che li sta costringendo temporaneamente ad una specifica scelta.
In questo caso il collegamento tra prezzo e vendita differisce da quello presentato nel causal-loop diagram precedente per l’aggiunta di una dilazione (delay) come mostrato in figura 2.4.

Figura 2.4-L'effetto del cambio sulle vendite è illustrato da un delay.

Figura 2.4-L’effetto del cambio sulle vendite è illustrato da un delay.

Poiché non c’è dilazione tra prezzo e rendita, quando avviene la variazione di prezzo, la prima cosa che accade è che la rendita sale. Eventualmente, tuttavia, i consumatori sono capaci di correggere i loro modelli di consumo e le vendite scendono provocando basse rendite.
Il comportamento della variazione improvvisa di prezzo e i susseguenti cambi nelle vendite e nella rendita si possono vedere in figura 2.5.

 

Figura 2.5-Quando accade una variazione improvvisa di prezzo, si ha un immediato incremento di rendita. Poiché viene coinvolto un ritardo (delay), le vendite non decresceranno immediatamente. Dopo un certo tempo, tuttavia, le vendite cadranno, dando come risultato un calo di rendita.

Figura 2.5-Quando accade una variazione improvvisa di prezzo, si ha un immediato incremento di rendita. Poiché viene coinvolto un ritardo (delay), le vendite non decresceranno immediatamente. Dopo un certo tempo, tuttavia, le vendite cadranno, dando come risultato un calo di rendita.

Capire i concetti di causa ed effetto, feedback loops, e delays offre una buona base quando si inizia a scoprire la complessità della natura di un sistema – quali elementi stanno agendo su altri elementi e se l’interazione è positiva o negativa.
I cicli di retroazione, tuttavia, non indicano da soli quello che sarà il comportamento dell’intero sistema.
E’ difficile anticipare il comportamento di un sistema da un causal-loop diagram che rappresenta la struttura retroattiva di un solo sistema.

2.3. Implementazione dei sistemi dinamici: Powersim Studio

Le caratteristiche di System dynamics appena descritte sono generali, ma la loro implementazione richiede l’utilizzo di specifici software.
Un numero elevato di differenti pacchetti software è disponibile per implementare system dynamics e, per lo sviluppo di questa tesi la scelta è stata orientata il pacchetto di modellazione Powersim Studio.
Powersim Studio è un ambiente di modellizzazione basato appunto sulla scienza dei sistemi dinamici.
Powersim permette di modellare sistemi – con tutte le loro relazioni di causa ed effetto, cicli di retroazione e dilazioni – in maniera grafica ed intuitiva.
I simboli che rappresentano livelli, flussi e variabili “di aiuto” ( cosiddette ausiliarie) sono usate per creare rappresentazioni grafiche del sistema in diagrammi Costruttori ( Constructor diagram).
Flussi e collegamenti d’informazione rappresentano relazioni e interconnessioni. L’intera struttura di un sistema, non importa come complesso, può essere rappresentata in Powersim Studio con l’uso di questi tipi di variabili e collegamenti.

2.3.1. Livelli e flussi

Quando si crea la simulazione di un sistema dinamico, le strutture di retroazione (feedback structures) si rappresentano attraverso l’uso di livelli e flussi.
Ogni elemento in un ciclo di retroazione, e quindi ogni elemento in un sistema, è o un livello oppure un flusso.
I livelli sono le accumulazioni nel tempo mentre i flussi rappresentano attività, movimenti o variazioni che modificano nel corso del tempo i livelli. I flussi riempiono o esauriscono i livelli.
Questa azione dei flussi che sono accumulati in livelli è la causa di tutti i comportamenti dinamici del mondo.
Nell’integrare una funzione, semplicemente si misura l’area sotto la funzione dividendo in sezioni di uguale ampiezza e poi sommando l’area di tutte le sezioni come illustrato in figura 2.5.

 Figura 2.5-Quando si integra una funzione si misura l'area sotto la funzione stessa dividendo in sezioni di uguale ampiezza e poi sommando l'area di tutte le sezioni


Figura 2.5-Quando si integra una funzione si misura l’area sotto la funzione stessa dividendo in sezioni di uguale ampiezza e poi sommando l’area di tutte le sezioni

Quando si crea un modello di simulazione grafica in Powersim Studio, connettendo i simboli delle variabili si generano le equazioni integrali (flussi). Ogni variabile nel modello è definita da un’equazione, nella stessa maniera con cui sono definite le celle in un foglio di calcolo elettronico.
La simbologia utilizzata per rappresentare livelli e flussi è la seguente:


I livelli sono rappresentati da caselle e indicano le accumulazioni che possono aumentare o diminuire nel tempo.
I livelli possono essere modificati solamente attraverso i flussi.

 

I flussi sono azioni o processi che aggiungono (afflusso) o sottraggono le accumulazioni nel livello. Le nuvole all’inizio e alla fine del flusso rappresentano la fonte e la fine della struttura.
Il simbolo di nuvola indica quantità infinita e segna il confine del modello. Il flusso è rappresentato dalla doppia freccia e il cerchio sul flusso si comporta da rubinetto che controlla il flusso entrante e uscente.
Nell’esempio di figura 2.6 il livello è la “forza-lavoro” misurata in persone, che sono incrementate dalla “percentuale di assunzioni” (flusso) e diminuite dalla “percentuale di licenziamenti” (flusso).

 

Figura 2.6-Un semplice modello grafico creato con Powersim Studio

Figura 2.6-Un semplice modello grafico creato con Powersim Studio

Le nuvole indicano che in questo modello non interessa da dove le persone vengono reclutate o dove vanno le persone licenziate. Quelle informazioni sono oltre i confini del modello.

2.3.2. Variabili ausiliarie, costanti e flussi d’informazioni (collegamenti).

Si è appena visto che è possibile creare un intero modello solamente con livelli e flussi.
Powersim Studio ha alcuni strumenti aggiuntivi che aiutano a catturare i fenomeni del mondo reale in un modello.
Realizzare un certo livello di dettaglio o aiutare nella formulazione di equazioni per le percentuali di flusso, è qualche volta necessario per modellare una variabile come un ausiliare come mostrato in figura 2.7.

Figura 2.7 Una variabile ausiliaria è usata per combinare o riformulare informazioni; non ha una forma standard; è un calcolo algebrico di alcune combinazioni di livelli, flussi o altri ausiliari.
Anche se le variabili ausiliarie possono sembrare delle accumulazioni, esse non hanno nessuna memoria diversamente dai livelli.
Gli ausiliari sono usati per modellare informazioni, non il flusso fisico di beni, così essi cambiano senza dilazioni, istantaneamente. Possono costituire contributi ai flussi ma mai direttamente ai livelli, perché i flussi sono le uniche variabili che possono cambiare i loro livelli associati.
Le variabili di flusso e gli ausiliari sono definiti esattamente alla stessa maniera; la differenza è che le prime sono connesse alla valvola di flusso e con ciò controllano direttamente il flusso.
Le costanti sono, diversamente dalle ordinarie variabili ausiliarie, costanti nel periodo di tempo della simulazione.
Un rombo le rappresenta, come mostrato in figura 2.8.

 


Figura 2.8 Una costante è definita da un valore iniziale, e mantiene questo valore in tutta la simulazione, a meno che l’utente non cambi manualmente il valore.
Per esempio in una simulazione di un anno una società può avere una forza-lavoro essenzialmente fissa che può essere rappresentata da una costante. Se la simulazione fosse espansa a venti anni, la forza-lavoro potrebbe essere trattata come un livello e indotta, quindi, a variare nel tempo.
C’è quindi bisogno di definire i confini temporali del modello. Senza una definizione chiara del modello da definire non è possibile fissare i confini corretti.
Qualche volta non è chiaro se un elemento del sistema debba essere trattato come una costante o come un livello.
Bisognerebbe pensare al periodo di tempo del comportamento problematico e se è o non è ragionevole aspettarsi che quell’elemento cambi in quel periodo. In questo modo ci si pone in una posizione migliore per decidere quali elementi dovrebbero essere costanti e quali dovrebbero variare durante la simulazione.
I collegamenti di informazioni sono fatti fra costanti, ausiliari e livelli. Questi collegamenti hanno l’aspetto di connettori sottili, come mostrato in figura 2.9.


Figura 2.9- I collegamenti d’informazione connettono diverse variabili

I collegamenti mostrano come gli elementi individuali del sistema sono messi insieme. Essi chiudono i cicli di retroazione.
Si è già visto come i flussi cambiano i livelli riempiendoli o esaurendoli. I collegamenti di informazione possono trasferire di nuovo il valore del livello al flusso, indicando una dipendenza del flusso sul livello, così come la dipendenza del livello sul flusso.
Ad ogni variabile va poi associata un’equazione che permetta al calcolatore di determinare il valore delle variabili e la loro variazione nel tempo.
È ovvio che se si vuole ottenere un modello molto fedele alla realtà, stabilire le equazioni giuste sarà un lavoro non meno gravoso che costruire la struttura del modello; spesso sarà perfino impossibile usare equazioni vere e proprie, e si ricorrerà a sistemi di tabelle che riportano i valori “veri”.
Tuttavia, per avere un’idea di massima del comportamento del modello di solito sono sufficienti equazioni veramente elementari: già così si riesce ad ottenere molte informazioni rivelatorie sul comportamento di massima del sistema, e sul tipo di strategie che si possono adottare.

3. Lavorare con Powersim Studio: introduzione all'utilizzo del software tramite un esempio pratico.

3.1. Introduzione

Nel capitolo precedente sono stati presentati i concetti e i principi generali di System Dynamics su cui si basa il software Powersim.
Si è visto che esprimendole variabili di un problema attraverso rappresentazioni grafiche quali livelli, flussi, costanti e connettori di informazioni è possibile visualizzare in forma grafica un sistema più o meno complesso e studiarne il proprio comportamento.
Infatti una volta inserito il modello concettuale nel computer attraverso Powersim Studio e, definite in maniera appropriata tutte le variabili e le equazioni che lo costituiscono, si può simulare il modello e vedere il suo comportamento nel tempo.
Se esso differisce dalle aspettative del progettista potrebbe essere che la struttura del modello contenga errori, come ad esempio la sbagliata definizione di alcune variabili.

3.2. Esempio applicativo : costruzione e implementazione di un modello che simuli la gestione del magazzino di una industria manufatturiera.

Si consideri un’industria manifatturiera che decide di servirsi della simulazione per capire meglio e studiare le interazioni tra gli ordini dei clienti, il proprio magazzino e i livelli di produzione.
Dal momento che la società spesso constata oscillazioni nel proprio magazzino e nei livelli di produzione, essa ritiene opportuno che il primo passo per risolvere questo problema sia quello di costruire un modello che spieghi le interazioni attinenti. La politica di produzione della società è quella di aumentare o decrementare il livello del magazzino in modo tale che esso sia quello desiderato e mantenere un livello di scorta abbastanza alto da coprire la richiesta futura che loro si aspettano.
In più la produzione è organizzata in modo che un sesto della discrepanza tra inventario desiderato e quello attuale è corretta ogni settimana.
Le loro assunzioni circa la richiesta futura sono basate sulla percentuale di ordine corrente.
Quest’ultima rappresenta la reale richiesta che la società fronteggia. La loro politica per formulare la richiesta aspettata è semplice. Si vuole correggere un ottavo della differenza tra le reali ed aspettate richieste ogni settimana.
Quando le loro supposizioni, circa la domanda futura, cambiano, viene colpito il loro livello desiderato di magazzino e il tasso con cui producono oggetti (widgets).
Quando gli oggetti sono prodotti vanno direttamente in magazzino. Nessun prodotto può andare dalla linea di produzione direttamente al cliente; deve andare prima nel magazzino.
E’ da qui che partono le consegne. Poiché la società mantiene un magazzino quattro volte maggiore di quello che pensa sia necessario in qualsiasi momento, essa crede di essere capace di spedire i prodotti necessari per adempire ad ogni ordine.
In questo semplice modello non sono considerati quindi gli ordini arretrati (backlogs) e i loro effetti (un inventario negativo rappresenterebbe un lavoro arretrato).

3.3. Creare le unità di misura

La prima operazione da effettuare per costruire un modello con Powersim Studio è quella di creare le unità di misura usate dal modello stesso.
Powersim Studio contiene già una serie di unità di misura ordinarie (unità di tempo, di lunghezza….).
A queste bisogna aggiungere, creandola, l’unità di misura per “oggetto” (“widgets”) necessaria per il modello preso in esame.
Per creare questa unità bisogna seguire i seguenti passi:

  1. Dalla finestra di progetto (project window) aprire Global unit view in cui appariranno tutte le unità di misura predefinite;
  2. In questa finestra è possibile aggiungere l’unità di misura tramite il comando Add unit;
  3. Rinominare la nuova unità aggiunta con il nome “wdg”.

 

Figura 3.1-Finestra delle unità di misura

Figura 3.1-Finestra delle unità di misura

Il prossimo passo è quello di definire l’unità di misura creata. Powersim si basa su due tipi di unità di misura:

  • Unità normale (normal unit) misura l’ampiezza lungo una scala;
  • Unità di punto (point unit) definisce unicamente un punto su una scala.

Per esempio date e temperature sono misurate in point unit mentre lunghezza, massa, volume sono misurate in normal unit. Inoltre un’unità può essere:

  • atomica (atomic) costituisce la più piccola possibile “unità di costruzione”;
  • derivata (derived) deve derivare da altre unità.

Nel caso in questione l’unità “wdg” è un’unità normale perché si usa per misurare un numero (senza una posizione assoluta nella scala) e atomica perché non è derivata dalle altre unita predefinite in Powersim.
Per definire l’unità “wdg”:

  1. si apre la finestra di dialogo delle proprietà di “wdg”;
  2. nella tabella di definizione (Definition tab) si scrive il nome completo (Long name) e quello plurale (Plural name) dell’unità;
  3. si seleziona Normal unit option;
  4. si seleziona Atomic option.
Figura 3.2- Finestra di definizione della unità wdg

Figura 3.2- Finestra di definizione della unità “wdg”

Ora l’unità “wdg” può essere utilizzata per la costruzione del modello.

3.4. Modellizzare l’inventario come un Livello

Un inventario rappresenta un’accumulazione di elementi, “widgets” in questo caso.
Esso è modellato attraverso un Livello che, come è stato spiegato nel capitolo precedente, rappresenta un’accumulazione nel tempo.
Quindi nello spazio di lavoro di Powersim si inserisce un livello che si rinomina “Inventory” la cui unità di misura è il “wdg”. Per creare il suddetto Livello si seguono i seguenti passi:

  • Cliccare Level sulla barra degli strumenti;
  • Nello spazio di lavoro cliccare dove si vuole posizionare il nuovo livello;
  • Selezionando poi il livello creato lo si rinomina col nome “Inventory”.

La variabile inserita apparirà, però, con un punto interrogativo (fig.3.3) il che indica che la variabile non è ancora appropriatamente definita.

Figura 3.3-Questo livello costituisce il punto di partenza del modello

3.5. Modellizzare Produzione e Spedizione come Flussi

L’inventario deve essere incrementato e diminuito in qualche modo. La produzione (Production) è un flusso di oggetti (widgets) che si vanno ad aggiungere all’inventario, mentre le spedizioni (Shipments) svuotano l’inventario. Bisogna aggiungere quindi questi due flussi al modello. Per connettere un flusso di produzione all'”Inventory Level”:

  1. Cliccare sul simbolo di Flusso (Flow) sulla barra degli strumenti;
  2. Allineare il cursore sulla sinistra dell'”Inventory Level”;
  3. Una nuvola collegata al flusso con una doppia freccia indica il confine del modello;
  4. Trascinare il flusso nel Livello precedentemente creato e rinominarlo “Production”.

Le stesse operazioni vanno effettuate per creare e collegare all'”Inventory Level” il flusso di spedizioni (Shipments).
Anche in questo caso comparirà una nuvola che indica l’altro confine del modello, come riportato in figura 3.4.


Figura 3.4- Production è modellato come flusso entrante nel Livello mentre Shipments come flusso uscente dal Livello.

3.6. Dipendenza della produzione dall’inventario.

Da quanto è stato detto prima la produzione dipende da molti fattori, inclusa la differenza tra l’inventario attuale e quello desiderato. Dal momento che il flusso tasso di produttività (Production flow rate) dipende dal livello dell’Inventario è necessario creare un collegamento (information link) che mostra questa relazione.

  • Cliccare su Link sulla barra degli strumenti;
  • Posizionare il cursore nel simbolo dell’inventario;
  • Ciccare e trascinare il Link sul simbolo della variabile “Production”;

 


Figura 3.5 – La dipendenza della produzione dall’inventario è modellata dal Link (collegamento).

Il simbolo # sul link indica che le variabili collegate non sono ancora definite in maniera appropriata.

3.7. Aggiungere il concetto di Inventario Desiderato

Per rappresentare la differenza tra l’inventario attuale e quello desiderato nell’equazione della produzione è necessaria una nuova variabile.
L’inventario desiderato (Desired Inventory) non è un’accumulazione ma piuttosto un valore determinato dalla direzione manageriale della società basato sull’inventario corrente.
Per cui un ausiliare è la migliore rappresentazione per questa variabile nell’implementazione del modello.


Figura 3.6- Desired Inventory è usato per decidere la percentuale di produzione. Esso è rappresentato da un ausiliare collegato alla produzione tramite un Link

3.8. Aggiungere il tempo per correggere l’inventario

La terza componente della produzione è il tempo necessario per riempire di nuovo l’inventario.
Questo fattore di tempo rappresenta una dilazione nel sistema perché nella vita reale, la produzione non può istantaneamente riempire l’inventario.
Ci vuole tempo per produrre materialmente i beni e trasportarli fisicamente in magazzino.
In questo caso un sesto della discrepanza tra inventario attuale e quello desiderato è corretto ogni settimana.
Così, quando il livello dell’inventario desiderato cambia, ci vogliono sei settimane affinché il livello dell’inventario attuali cambi di conseguenza. Questo fattore di tempo non cambia durante tutta la simulazione e viene perciò rappresentato da una Costante che, come è già stato visto è rappresentata da un rombo.

 

Figura 3.7- C’è una dilazione di tempo coinvolta quando si producono beni per l’inventario. Questa durata è modellata come una costante chiamata ‘Time to Correct Inventory’, ed è collegata alla ‘ Produzione’

3.9. Definire l’inventario

Il modello non è ancora finito ma si possono definire alcune delle variabili presenti. Si definisce prima di tutto il livello “Inventory”.

  • Selezionare il livello “Inventory”, cliccare due volte su di esso per aprire la finestra delle proprietà;
  • Nel box delle unità selezionare wdg-widgets;
  • Nel box di definizione inserire il numero iniziale di oggetti (widget) presenti nell’inventario, per esempio 400.

Applicando queste modifiche scompare il “?” sul simbolo “Inventory” poiché la variabile è ora correttamente definita.
Tuttavia i punti interrogativi sulle altre variabili sono ancora presenti poiché esse devono essere ancora definite in maniera simile.

 


Figura 3.8- Finestra di definizione delle proprietà delle variabili

3.10. Definire la costante di tempo

La costante di tempo “Time to Correct Inventory” rappresenta il tempo necessario per modificare l’inventario attuale affinché eguagli l’inventario desiderato.
La dilazione di tempo (delay) per riempire l’inventario era sei settimane, che è anche il valore della costante di tempo.
In Powersim Studio si può introdurre l’equazione che definisce la variabile direttamente nel campo in cui si inserisce il nome, senza la necessità di aprire la finestra delle proprietà.
Questo è vantaggioso soprattutto nel definire le costanti.

  1. Selezionare l’ausiliare “Time to Correct Inventory”;
  2. Scrivere l’espressione =6<> come mostrato nella figura sotto;
  3. Dopo aver scritto questa espressione e premuto Enter la variabile è definita e scompare il “?”

 


Figura 3.9- Si può inserire l’equazione della variabile direttamente nel simbolo del nome della variabile

3.10 Definire the time constant

The constant of time “Time to Correct Inventory” represents the time necessary in order to modify the inventory puts into effect them so that it equals the wished inventory.
The time delay (delay) in order to fill up the inventory was six weeks, that it is also the value of the time constant.
In Powersim Study the equation can be introduced that directly defines the variable one in the field in which the name becomes part, without the necessity to open the window of the property.
This is favorable above all in defining the constants.

  1. To select helping “Time to Correct Inventory”;
  2. To write the expression =6<> like shown in the figure under;
  3. After to have written this expression and pressed Enter the variable one is defined and to scompare “?“

 


Figure 3.9- The equation of the variable one in the symbol of the name of the variable one can be inserted directly

3.11. Definizione temporanea di Desired Inventory

Anche se la variabile “Desired Inventory” verrà ridefinita in seguito, le si può assegnare un valore temporaneo per poter definire la variabile “Production”.
Quindi, all’inizio della simulazione, in cui ogni cosa è stabile si può settare il suo valore pari a quello dell’inventario e quindi 400 <> nello stesso modo in cui è stato definito “Time to Correct Inventory”.

3.12. Definire la variabile “Production”

Le variabili “Desired Inventory”, “Inventory” e “Time to Correct Inventory” definiscono il tasso di produttività “Production”. Dal momento che queste variabili sono tutte collegate, si definisce l’equazione che esprime “Production”:
(‘Desired Inventory’ – Inventory)/’Time to Correct Inventory’
Espressione che va inserita nella finestra di definizione della variabile “Production”.

 


Figura 3.10- Finestra di definizione della variabile “Production”

In questo modo sono scomparsi i “?” relativi alle variabili coinvolte nella precedente espressione. L’unità di misura di “Production” sarà <>.

3.10 Definire the time constant

The constant of time “Time to Correct Inventory” represents the time necessary in order to modify the inventory puts into effect them so that it equals the wished inventory.
The time delay (delay) in order to fill up the inventory was six weeks, that it is also the value of the time constant.
In Powersim Study the equation can be introduced that directly defines the variable one in the field in which the name becomes part, without the necessity to open the window of the property.
This is favorable above all in defining the constants.

  1. To select helping “Time to Correct Inventory”;
  2. To write the expression =6<> like shown in the figure under;
  3. After to have written this expression and pressed Enter the variable one is defined and to scompare “?“

 


Figure 3.9- The equation of the variable one in the symbol of the name of the variable one can be inserted directly

3.13. Aggiungere il tasso d’ordine (Order Rate)

Per definire correttamente “Shipments” e “Desired Inventory” c’è bisogno di aggiungere altre variabili al modello.
La società adempisce agli ordini inviando elementi dall’inventario. Bisogna rappresentare il flusso di ordini dei clienti attraverso una variabile ausiliaria chiamata “Order Rate”.
Questa variabile rappresenta un’influenza esterna sul modello. Può essere usata per “colpire” il modello e rivelare il suo comportamento sotto variazioni simulate nella domanda.
La variabile rappresenta il numero di “widgets” ordinati per settimana. Si può introdurre un incremento del 20% nella domanda con l’equazione seguente:

Order Rate=100< < wdg/wk> > +STEP (20< < wdg/wk> > ; STARTTIME+20< < wk> >)

Questa equazione usa la funzione STEP per incrementare gli ordini da 100 a 120 widgets dopo 20 settimane della simulazione.
E’ una semplice rappresentazione di un flusso d’ordine, ma dà un’idea di come l’inventario reagisce ai cambiamenti di ordini.
Il comportamento di questa equazione rispetto al tempo è mostrato graficamente qui di seguito:

 


Figura 3.11- Il tasso di ordini entranti aumenta improvvisamente dopo 20 settimane della simulazione
Per inserire nel modello la variabile in questione si utilizza un ausiliare nominato “Order Rate” collegato alla variabile “Shipments”.
Nella finestra delle proprietà della variabile “Order Rate” si inserisce l’equazione che la esprime (Figura 3.11):

 

Figura 3.11- Nella finestra di definizione della variabile “Order Rate” la funzione di tempo STEP è utilizzata per indicare una variazione degli ordini
Poiché la società adempie agli ordini spedendo i suoi prodotti direttamente dall’inventario, “Order Rate” influenza direttamente la variabile “Shipments” e ciò viene fatto attraverso un link, come mostrato in figura 3.11.
Tale collegamento mette in evidenza che le spedizioni dipendono dagli ordini dei clienti i quali descrivono, quindi, il comportamento del mercato.

3.14. Impostare la simulazione

Benché il modello non è ancora completamente finito, si può già rendere eseguibile il modello stesso per vedere il suo comportamento. Poiché “Production” e “Shipments” sono misurati in “widget per week” l’intervallo di tempo minimo per la simulazione (Time step) deve essere settato ad una settimana.

  1. Selezionare Simulation settings nel menu di Simulazione;
  2. Inserire 1w (1 week) nel campo Time step;
  3. Lasciare gli altri spazi invariati e cliccare OK.

 


Figura 3.12- Finestra di settaggio della simulazione

3.15. Effettuare un’esecuzione di prova del modello

Powersim contiene un comando chiamato “Auto Report” che consente di esaminare il comportamento e il valore delle variabili nel diagramma.
Poiché gli ordini aumentano dopo venti settimane, ci si aspetta di vedere un calo nell’inventario dopo questo periodo di tempo. Per vedere meglio questo calo si può utilizzare appunto la funzione “Time graph Auto Report”.

  • Cliccare col tasto destro del mouse sulla variabile “Inventory” e selezionare Show Auto Report e nel sottomenu Time Graph Auto Report;
  • Ciccare Play per eseguire la simulazione.

Lo sviluppo dell’inventario sarà mostrato nell’Auto Report. Alla fine della simulazione si avrà la situazione mostrata di seguito.

 


Figura 3.13- Dopo 20 settimane l’inventario inizierà a calare. Alla fine della simulazione si avrà un inventario negativo dal momento che la produzione non è incrementata per compensare le maggiori spedizioni.
Come si può vedere dalla figura l’inventario è diminuito assumendo un valore negativo.
Dato il nuovo tasso di ordini entranti, ciò non è sorprendente, in quanto il valore delle spedizioni (Shipments) è maggiore di quello della produzione attraverso la maggior parte della simulazione.
Questo è dovuto al fatto che la variabile “Desired Inventory” non rispecchia la variazione della domanda che si verifica dopo venti settimane.
Per implementare una sensibilità alla domanda bisogna introdurre il concetto di “Expected Demand” (Domanda attesa).

3.16. Aggiungere il concetto di domanda attesa

Expected demand è un’importante parte di questo modello perché traduce le variazioni della domanda in variazioni di produzione.
Ovvero prende le informazioni dal mercato (Order Rate) e le converte in azioni che controllano la quantità da produrre.
La domanda non è un’accumulazione fisica come l’inventario. Tuttavia le accumulazioni rappresentate dai livelli non devono essere necessariamente accumulazioni fisiche.
Poiché c’è bisogno di presentare una dilazione nei cambiamenti della domanda attesa, il miglior modo di modellare “Expected Demand” è sotto forma di livello.

  1. Creare un Livello nel modello e rinominarlo “Expected Demand”;
  2. Definirlo con un valore iniziale di 100<> che è uguale al tasso iniziale di ordini entranti.

I Flussi sono gli unici elementi che possono cambiare i livelli, così c’è bisogno di un flusso per rappresentare la variazione di “Expected Demand”.
C’è anche bisogno di un fattore di tempo per indicare quanto tempo serve per cambiare la domanda attesa in domanda reale.

  1. Creare un nuovo flusso che entri nel livello “Expected Demand”;
  2. Rinominare il nuovo flusso in “Change in Expected Demand” ;
  3. Aggiungere una costante nominata “Time to Change Expectations”;
  4. Collegare “Order Rate”, “Expected Demand” e “Time to Change Expectations” al flusso “Change in Expected Demand”.

La variabile “Time to Change Expectation” rappresenta il tempo necessario per correggere le attese sulla domanda in domanda reale.
Questa è una costante e la si assume pari ad otto settimane (8<>); la variabile “Ch’ange in Expected Demand” definita come:
“(‘Order Rate’ – ‘Expected Demand’)/’Time to Change Expectations’ “.
Il modello ora contiene una struttura per valutare la domanda attesa nel mercato (figura 3.14). Esso dipende dal tasso di ordine corrente e dalla costante di tempo.
Questa costante di tempo rappresenta il tempo che occorre alla società per cambiare la sua opinione sulla domanda nel mercato.

 


Figura 3.14- Il modello ora contiene una struttura per trovare la domanda attesa (Expected Demand)

3.17. Influenza della domanda attesa sulla produzione e sull’inventario desiderato

Quello che resta da fare per questo modello è mostrare come “Expected Demand” influenza “Production” e “Desired Inventory”.
Ciò viene fatto attraverso due links che vanno da “Expected Demand” a “Production” e “Desired Inventory”.
La produzione serve per coprire l’inventario desiderato e dovrebbe riflettere sempre la domanda aspettata.
Si aggiunge, quindi, semplicemente “Expected Demand” all’equazione della produzione.

  • Aprire la finestra di definizione di “Production”;
  • Ridefinire l’equazione in questo modo: ‘Expected Demand’+(‘Desired Inventory’-‘Inventory’)/’Time to Correct Inventory

Si sa anche, dalle informazioni date, che l’inventario che la società vuole mantenere dovrebbe coprire quattro settimane di domanda attesa. Per riformulare l’equazione per “Desired Inventory” c’è bisogno di una costante che rappresenti un multiplo di “Expected Demand”.
Si nomina questa costante “Inventory Coverage” che va collegata alla variabile “Desired Inventory”.
Desired Inventory va quindi ridefinita con l’equazione:

“Expected Demand” * “Inventory Coverage”

La figura 3.15 mostra il modello finito:

 


Figura 3.15- Modello finito. Expected Demand’ è connesso a ‘Production’ e ‘Desired Inventory’, ed è tenuto in conto quando è deciso il livello di produzione.

3.18. Confrontare domanda e produzione in un grafico di tempo

Per rendere la simulazione del modello più efficace sia ai fini pratici che visivi Powersim consente di creare diagrammi utili per presentare i risultati.

  1. Cliccare Time series control sulla barra degli strumenti e posizionare il grafico su uno spazio vuoto del foglio di lavoro;apparirà un grafico di tempo vuoto;
  2. Per inserire le variabili nel grafico cliccare sull’icona Variable tree. Sulla sinistra del diagramma appariranno tutte le variabili.
  3. Trascinare la variabile “Expected Demand” nel grafico in cui istantaneamente apparirà;
  4. Nello stesso modo trascinare nel grafico “Production” e “Order Rate”.

Eseguendo la simulazione si otterrà il risultato di figura 3.16:

 


Figura 3.16- Il comportamento di ‘Expected Demand’, ‘Order Rate’, e ‘Production’ nella simulazione. L’incremento degli ordini induce ad un aumento ritardato di produzione e della domanda attesa
Come si vede “Order Rate” aumenta improvvisamente dopo 20 settimane. Expected Demand segue questo cambiamento lentamente e dopo un cero numero di settimane esso si porta al nuovo livello di ordine.
La produzione, invece, incrementa, rapidamente come gli ordini. Per capire bene perché la produzione si comporta in questo modo bisogna esaminare anche il comportamento delle due variabili “Inventory” e “Desired Inventory”.

3.19. Confrontare “Inventory” e “Desired Inventory”

Creare un altro grafico di tempo in cui inserire le variabili “Inventory” e “Desired Inventory”.
Il grafico della nuova simulazione è mostrato in figura 3.17:


Figura 3.17- Il grafico mostra l’inventario attuale e quello desiderato. Desired Inventory cresce immediatamente quando gli ordini aumentano, ma a causa della dilazione nella produzione l’inventario decresce prima di raggiungere lo stesso livello di “Desired Inventory”.

3.20. Comportamento del modello

Per le prime venti settimane della simulazione tutte le variabili sono costanti e ciò indica che il modello è in equilibrio.
Dopo venti settimane il modello va fuori l’equilibrio a causa della variabile “Order Rate” che si porta da cento a centoventi widgets a settimana per tutto il resto della simulazione.
Questo comportamento costituisce uno shock per il modello e rivela il suo comportamento dinamico. I risultati dello “shock” possono essere dovuti al comportamento delle altre variabili.
“Expected Demand” può aumentare, ma lentamente, fin quando raggiunge il nuovo livello degli ordini entranti. Il tasso con il quale esso incrementa è lento in quanto il flusso cambia la domanda attesa secondo la discrepanza tra “Order Rate” ed “Expected Demand”. Questa discrepanza è più grande quando accade lo “shock”.
Da questo momento “Expected Demand” cresce riducendo via via tale discrepanza. “Production” cresce al di sopra di “Order Rate” prima di ristabilire l’equilibrio.
“Desired Inventory” cresce anch’esso (aumentando il divario tra “Desired Inventory” e “Inventory”) perché è semplicemente un multiplo di “Expected Demand”.
L’aumento della produzione è anche evidente dal comportamento dell’inventario. In questa società le spedizioni sono sempre uguali al tasso di ordine cosicché l’aumento delle spedizioni inizia a causare lo svuotamento dell’inventario.
Questo aumenta la discrepanza tra l’inventario desiderato e quello reale. Quando la produzione raggiunge il tasso di ordini, l’inventario raggiunge il suo minimo livello.
Questo accade approssimativamente dopo 25 settimane. Da qui in poi la produzione va al di sopra delle spedizioni permettendo all’inventario di aumentare.
Dopo 25 settimane, quindi, come il divario tra “Desired Inventory” e “Inventory” si chiude e la domanda attesa raggiunge gli ordini, la produzione decresce fino al raggiungimento dell’equilibrio. Dopo circa 70 settimane il modello è di nuovo in equilibrio.
Questo cosa significa in termini di operazioni di mercato? La bellezza di creare un modello di un sistema è quella di permetterci non solo di investigare sulla struttura di un sistema (come livelli e flussi sono appropriati) ma anche come cambiamenti sulla struttura cambiano il comportamento del sistema (in questo caso si considerano le performances del sistema).

4. Caso di studio: modellizzazione di una Manufacturing Supply Chain

4.1. Introduzione al concetto di Supply chain

Nel precedente capitolo è stato implementato un semplice modello di gestione di un magazzino di un’industria manifatturiera.
Dallo studio del diagramma si nota che produzione, inventario e domanda del cliente sono strettamente interconnessi fra di loro e si influenzano vicendevolmente.
Le aziende si trovano ad operare in un mercato in cui la velocità e il servizio sono requisiti indispensabili che spingono le imprese a modificare strategie e organizzazione al fine di ridurre il time-to-market e operare in tempo reale.
Si sviluppa il concetto di connessione continua e di collaborazione con i clienti, i fornitori e i partner commerciali, si delinea quindi il modello di “impresa estesa”.
Nello studio dei sistemi produttivi si è verificato un crescente interesse ai sistemi complessi derivanti da una visione estesa dell’impresa che non è più vista come entità indipendente, ma come sistema operante in modo interconnesso con i trading partners.
La Supply Chain o Value Chain è la rete globale composta da entità economiche quali ad esempio: fornitori, aziende manifatturiere, magazzini, centri di distribuzione.
Spesso per definire un insieme di aziende che operano in un ambiente condiviso si fa riferimento al concetto di azienda virtuale che può essere definita nel seguente modo:
“Un azienda virtuale è un insieme di unità operative autonome che agisce in modo integrato e organico per configurarsi ogni volta meglio come catena del valore più adatta per perseguire le opportunità di business che il mercato presenta.”
Una azienda rappresenta un attore che opera in un ambiente che non si esaurisce nelle quattro mura della stessa e quindi per raggiungere livelli di eccellenza deve agire in modo integrato ed organico con altre entità di business.
La Supply Chain è una rete di organizzazioni che sono coinvolte, attraverso collegamenti a monte e a valle, in differenti processi e attività che producono valore nella forma di prodotti e servizi destinati al consumatore finale.
Gli attori di un settore merceologico possono essere vari e in numero elevato, questo rende il concetto di Supply Chain molto astratto ma le vari definizioni della stessa sembrano piuttosto concordi.
Se ne riportano alcune di seguito:
Lee e Billington la definiscono nel seguente modo:
“Una Supply Chain è una rete di impianti che procura le materie prime, le trasforma in beni intermedi ed in prodotti finali e distribuisce tali prodotti ai clienti attraverso un sistema di distribuzione.”
Mentre per Jayashankar:
“La Supply Chain è una rete di entità di business autonome o semi autonome responsabili delle attività di approvvigionamento, di produzione e di distribuzione associate ad una o più famiglie di prodotti.”
Un’altra definizione estende le precedenti individuando un aspetto fondamentale quale la condivisione delle finalità:
“…è una rete di risorse e punti di distribuzione che svolge le funzioni di approvvigionamento dei materiali, di trasformazione in prodotti intermedi e finiti, di distribuzione e consegna ai clienti ed è composta da imprese autonome che condividono finalità comuni”.

Figura 4.1- Generica Supply Chain con flussi dei prodotti e delle informazioni
Ogni entità (impianto, magazzino, centri di distribuzione centro di servizio ecc.) operante nella Supply Chain rappresenta un nodo ognuno dei quali ha una propria domanda, una certa capacità produttiva; la difficoltà principale in cui incorrono gli agenti della catena è quella della gestione asincrona delle informazioni riguardanti tali parametri.
Una delle principali caratteristiche che deve avere un’azienda che opera in un’ottica di impresa estesa, al fine di poter gestire in modo efficiente la domanda e la capacità produttiva, è quella di potersi riconfigurare in tempi brevi per poter rispondere in modo tempestivo alle fluttuazioni ma, soprattutto, per poter sfruttare le opportunità offerte dal mercato.
Con lo studio del Supply Chain si passa dunque ad una visione di azienda globale che opera, o meglio collabora, per raggiungere un livello di efficienza che non potrebbe essere raggiunto operando, anche in modo ottimale, soltanto sul sistema interno di gestione; tale aspetto viene spesso messo in evidenza con l’uso del termine Supply Chain “Integrata” che si riferisce appunto alle organizzazioni, alle attività e risorse coinvolte nel processo di soddisfazione della domanda del cliente finale.

4.2. L’evoluzione e i fattori di sviluppo

SCM nasce e si sviluppa come logica evoluzione della gestione della logistica, ovvero come gestione del processo di distribuzione fisica dei prodotti e delle relazioni tra magazzino e funzioni di trasferimento dei prodotti.
In un secondo momento, alla gestione della logistica si aggiungono e integrano altre funzioni quali la gestione della produzione, degli approvvigionamenti, degli ordini: l’ampliamento delle funzionalità è reso possibile ed è favorito dallo sviluppo e dalla diffusione dell’EDI (Electronic Date Interchange), delle reti di telecomunicazione, oltre che dalla crescente disponibilità di supporti e dispositivi per la raccolta e l’analisi dei dati e delle performance.
Attualmente il SCM integra un numero di funzioni ancora maggiore, andando a coprire l’intera catena di attività e relazioni che legano l’azienda ai suoi fornitori (fino ai subfornitori) e clienti finali: tale ampliamento funzionale è reso possibile dalla disponibilità di strumenti quali EDI, DSS (Decision Support System), ecc.
In prospettiva saranno integrate funzioni quali lo sviluppo di prodotti, il marketing, il servizio al cliente, sempre nell’ottica di ottimizzare l’insieme di attività e flussi di produzione e scambio destinati a soddisfare la specifica domanda del cliente finale.
La progressiva evoluzione del SCM e la tendenza all’ampliamento delle funzionalità supportate sono guidate da una serie di fattori sinteticamente riconducibili ai seguenti:

  • una crescente e sempre più pervasiva focalizzazione sul cliente: in ogni fase/momento della Supply Chain, i bisogni del cliente finale vengono compresi e diventano fattori guida nel processo decisionale; data l’importanza crescente e il ruolo di centralità attribuito al cliente, è necessario che l’azienda sia in grado di assicurare un adeguato servizio basato sulla qualità, sulla personalizzazione del prodotto e sulla velocità di consegna, anche considerando che le aspettative del cliente in termini di ampiezza di scelta, livello di servizio, velocità di consegna e costo stanno progressivamente aumentando;
  • Un utilizzo più avanzato della tecnologia: flussi di dati e informazioni interessano tutte le fasi della Supply Chain: i sistemi DSS utilizzano questo complesso di informazioni per migliorare e velocizzare i processi decisionali che impattano sull’intera catena; inoltre, il progressivo sviluppo di Internet fa sì che le fasi di vendita siano più dirette e che al cliente sia erogato un servizio migliore; lo sviluppo di Internet ha certamente aperto nuove possibilità di business e ha contribuito a ottimizzare e rendere più efficienti i flussi informativi lungo la catena di fornitura, produzione e commercializzazione dei prodotti;
  • Misurazione delle performance: in ogni momento nella Supply Chain vengono monitorati tempi e costi, oltre ad altri parametri, e valutati rispetto agli obiettivi finali nell’ottica di un progressivo miglioramento delle performance;
  • La globalizzazione: si creano per l’azienda nuove possibilità di acquisto di materie prime a bassi costi dalle economie emergenti e nello stesso tempo si creano nuove possibilità di vendita: ciò determina uno spostamento geografico della tradizionale localizzazione del business e della Supply Chain (dalla fornitura alla produzione alla consegna al cliente), e rende necessario, per un’azienda, servire mercati globali e assicurare un livello di servizio omogeneo indipendentemente dal mercato di destinazione; si consideri inoltre che la globalizzazione ha generato un complessivo aumento del livello della competizione, che a sua volta impone alle aziende di operare con maggiore efficienza e ricercando e difendendo vantaggi competitivi di differenziazione rispetto ai competitors. L’area dei servizi al cliente e della delivery rappresenta, ad oggi, una delle principali aree del vantaggio competitivo.

4.3. Funzionalità e benefici

Con Supply Chain Management si intende la gestione di processi di pianificazione, implementazione e controllo di tutto il flusso di attività e comunicazione tra soggetti diversi (aziende, fornitori, partner, clienti), finalizzati a fornire al cliente/consumatore i beni richiesti alle condizioni domandate, elementi cui il cliente attribuisce valore.
Il Supply Chain Management può avere anche altri obiettivi: riduzione del prezzo dei prodotti, time-to-market, differenziazione, consolidamento in mercati di nicchia.
Il ruolo dell’ICT (Information and Comunication Technology) nel Supply Chain Management e’ quello di supportare una base informativa per i diversi soggetti coinvolti, permettere l’ottimizzazione del servizio al cliente, aumentare la velocità di comunicazione, ridurre i costi di processo, tracciare le informazioni, consentire reazioni veloci ad eventi imprevisti che si verifichino lungo la catena virtuale.
I metodi informatici utilizzabili per evitare cali di efficienza e mantenere fluido il flusso informativo lungo la catena logistica sono sostanzialmente di tre tipi: alcune grandi aziende impongono un sistema informativo comune ai loro fornitori e subfornitori per snellire e semplificare il processo; altre utilizzano tecnologie IP (Internet, Intranet, Extranet, e-mail) che permettono loro di comunicare in modo efficace e diretto con fornitori e clienti, indipendentemente dai sistemi legacy in uso; altri ancora utilizzano ERP (Enterprise Resource Planning) che comprendano i moduli necessari alla gestione dell’intera catena del valore (tra cui SCM).
Quest’ ultima soluzione si adatta in modo particolare a quelle aziende che possiedono magazzini e impianti produttivi dislocati in località distanti tra loro e dalla sede aziendale; l’accessibilità via Internet, Intranet, EDI fa sì che le informazioni siano disponibili, in tempo reale, dove necessario. Attraverso questa soluzione i benefici ottenibili sono:

  • trasparenza e visibilità sull’intera supply chain di dati riguardanti vincoli, saturazione di risorse e utilizzo di materiali;
  • maggiore velocità nel prendere decisioni per rispondere adeguatamente a tutte le variazioni, sia interne che esterne, che impattano sul normale flusso di approvvigionamento- produzione- delivery;
  • migliore utilizzo delle risorse e riduzione delle giacenze di magazzino;
  • miglior servizio e migliore informazione al cliente.

L’ottimizzazione delle procedure di gestione, di approvvigionamento e di delivery necessita fondamentalmente di strumenti efficaci e innovativi in grado di eliminare le problematiche legate alla comunicazione e alla condivisione delle informazioni, al fine di ridurre in modo sensibile i costi relativi (telefono, fax, ore lavoro), i tempi di approvvigionamento e di follow up.
Gli strumenti SCM rispondono principalmente a questo obiettivi, cioè al raggiungimento della massima efficienza nei processi di comunicazione e nei flussi informativi lungo la catena logistica estesa (dal sub-fornitore al cliente finale).
L’ottimizzazione del Supply Chain management si sviluppa su tre livelli:

  • sul piano strategico si tratta di definire la struttura e l’utilizzo del network fisico per raggiungere gli obiettivi di business al minor costo;
  • sul piano tattico l’ SCM riguarda le attività di previsione della domanda, produzione, della distribuzione e del trasporto e dei relativi metodi di gestione;
  • sul piano operativo, riguarda la programmazione della operazioni e della trasmissione in tempo reale delle informazioni che consentono di avere la conoscenza dello stato del singolo stabilimento.

 


Figura 4.2- Livelli di ottimizzazione del Supply Chain Management
Sempre con riferimento alle funzionalità, le applicazioni di SCM possono essere suddivise in due segmenti: Supply Chain Planning e Supply Chain Execution.
Il primo segmento raggruppa e analizza le informazioni contenute nel database aziendale per prevedere la domanda e di conseguenza programmare la produzione; può essere applicato per decisioni operative e strategie di lungo termine.
Il secondo segmento utilizza le informazioni generate dal primo per guidare la produzione, la logistica e i movimenti di materie prime, componenti e prodotti finiti, può essere usato per determinare la capacità produttiva e creare un piano di produzione che soddisfi le esigenze di domanda e sia adattabile ai cambiamenti.
Riportiamo sotto, in figura 5, le funzionalità del SCM diviso per segmenti:
In sintesi, i tre principali obiettivi di un sistema SCM sono:

  • diminuzione dei costi di magazzino legando la produzione alla domanda: le applicazioni utilizzano complessi algoritmi di pianificazione per prevedere la domanda sulla base delle informazioni contenute nel database;
    Figura 4.3- Funzionalità del Supply Chain Management
  • riduzione dei costi totali di produzione velocizzando il flusso di merci all’interno del processo produttivo e migliorando il flusso informativo tra l’azienda, i fornitori, i distributori. Assicurando la connettività tra le varie parti della Supply Chain, queste applicazioni permettono alle aziende di diminuire i tempi morti, le scorte e prevenire i colli di bottiglia nel processo produttivo;
  • miglioramento della soddisfazione del cliente offrendo velocità di consegna e personalizzazioni di prodotto.

I principali benefici legati all’adozione di soluzioni SCM sono chiaramente identificati dalle tre “C”:

  • cooperazione: attraverso la comunicazione e lo scambio di informazioni relative a livello delle scorte, dati previsionali, trend di vendita, trend della domanda, il livello di cooperazione tra i soggetti presenti lungo la Supply Chain aumenta in modo significativo;
  • coordinamento: il coordinamento delle operazioni permette di ridurre i tempi tra l’ordine e la consegna, adottando un approccio just in time;
  • comunicazione: la comunicazione attraverso protocollo IP e il trasferimento di documenti tramite EDI consentono di monitorare in modo efficace le diverse fasi di gestione dell’ordine.

Adottando una soluzione SCM, le aziende possono ricavare ulteriori vantaggi in più aspetti della loro attività:

  • riduzione del capitale circolante, che può essere ottenuta tramite minori scorte e tramite un ciclo cash to cash più veloce;
  • efficienza degli investimenti, ottenibile effettuando un ridimensionamento dei magazzini e avendo una maggior disponibilità di informazioni a supporto del processo decisionale in area produzione (es. scelta make or buy di alcuni componenti del prodotto finale);
  • miglioramento del servizio al cliente finale;
  • riduzione dei costi, ottenibile automatizzando le operazioni ripetitive quotidiane, il comparto packaging e le spedizioni;
  • incremento dei ricavi, raggiunto grazie alla possibilità di personalizzazione del prodotto.

Attualmente i sistemi SCM non sono molto diffusi, benché sia prevista una forte crescita delle installazioni nei prossimi anni: tale evoluzione sarà sostenuta anche dalla rapida diffusione di Internet e dell’e-commerce, attività che porta con sé un ripensamento della catena logistica.
Ciò che, sino ad oggi, ha ostacolato una più ampia adozione di soluzioni SCM, o che comunque ha frenato la decisione di implementarle, è stato principalmente la resistenza al cambiamento organizzativo, seguito dai costi di implementazione e da lunghi tempi per l’integrazione.

4.4. Costruzione del modello di una Manufacturing Supply Chain

Attraverso l’ausilio del software Powersim Studio si mostra come la struttura della gestione del magazzino può essere adattata per rappresentare la Supply Chain in un’industria manifatturiera.
Localmente politiche razionali che creano stabili correzioni alle unità organizzative individuali possono, attraverso interazioni con altre funzioni e organizzazioni causare oscillazioni e instabilità.
L’instabilità può portare a mancanza di fiducia tra i partners di una Supply Chain con conseguenti comportamenti che peggiorano l’instabilità stessa.
Il modello è sviluppato in stages. Le assunzioni semplificate sono studiate una alla volta e solo dopo il comportamento di ogni versione è analizzato pienamente.
Questo processo iterativo dipende dalla comprensione delle relazioni fondamentali tra la struttura e il comportamento del sistema dinamico che a lungo andare porta allo sviluppo del modello utile effettivo.

4.5. Struttura politica del magazzino e della produzione

La figura 4.4 mostra il diagramma di struttura politico di un’azienda manifatturiera.
L’azienda mantiene uno stock di magazzino finito e soddisfa gli ordini nel momento in cui arrivano.

 


Figura 4.4 – Struttura politica della gestione del magazzino
In questo modello iniziale si assume che i clienti sono sensibili alla consegna – gli ordini che la società non può soddisfare immediatamente sono persi nel momento in cui i clienti cercano altri fornitori.
In questo modello iniziale gli ordini dei clienti sono esogeni (ossia indipendenti dalla struttura del modello).
La produzione inizia. La scorta del WIP (work in process) è incrementata da production starts e diminuita da production rate.
Il controllo della produzione e le decisioni prese a riguardo della gestione del magazzino dall’azienda includono order fulfillment (adempimento degli ordini che determina l’abilità di soddisfare gli ordini dei clienti in base all’adeguatezza del magazzino) e production scheduling (organizzazione della produzione che determina il tasso di produzione iniziale basato sulla previsione della domanda e sulla posizione del magazzino incluso il WIP inventory).
Il modello include tre importanti retroazioni negative (negative feedback).
Lo Stockout loop regola le spedizioni e le variazioni del magazzino: se il magazzino è inadeguato, alcuni articoli andranno fuori scorta e le consegne cadranno al di sotto degli ordini.
Nel caso estremo le spedizioni andranno a zero quando si svuota completamente il magazzino. Inventory Control e WIP Control loops modificano la produzione per spostare il livello di magazzino e WIP verso il loro livello desiderato.
In questo modello iniziale non si considerano stock di materiali né restrizioni di capacità.

4.6 Order Fulfillment

La figura 4.5 mostra la struttura del processo di adempimento degli ordini (Order Fulfillment Process) e del tasso di consegna (Shipment Rate).
Inventory coverage (copertura del magazzino) è il numero di settimane durante le quali l’azienda può consegnare con il tasso corrente dato il suo magazzino:

  • Inventory Coverage = Inventory/Shipment Rate (4.1 )
  • Inventory = INTEGRAL(Production Rate – Shipment Rate, Inventoryt0) (4.2) Indica che il livello di magazzino è incrementato dal tasso di produzione e diminuito dal tasso di spedizioni.
    Shipment Rate normalmente eguaglia Desired Shipment Rate (tasso di spedizione desiderato) ma se il magazzino è inadeguato alcuni degli articoli che i clienti richiedono andranno fuori stock, riducendo l’Order Fulfillment Ratio (il tasso di ordini adempiti rispetto al tasso desiderato di adempimento):
  • Shipment Rate=Desired Shipment Rate*Order Fulfillment Ratio (4.3)
    Order Fulfillment Ratio è funzione del rapporto fra il Massimo tasso di spedizione (Maximum Shipment Rate) e il tasso di spedizione desiderato (Desired Shipment Rate); i valori sono specificati dalla tabella per Order Fulfillment (Table for Order Fulfillment):
    (4.4) “Maximum Shipment Rate” dipende dal magazzino corrente dell’azienda e da “Minimum Order Fulfillment Time” (tempo minimo di adempimento dell’ordine):
  • Maximum Shipment Rate = Inventory/Minimum Order Fulfillment Time (4.5)

    Figura 4.5- Struttura di Order fulfillment
    “Minimum Order Fulfillment Time” è determinato dal processo di adempimento degli ordini dell’azienda (Order fulfillment process), la complessità del prodotto e la vicinanza dei clienti al centro di distribuzione dell’azienda. Esso rappresenta il tempo minimo richiesto per trattare e consegnare un ordine.
    In questo semplice modello non ci sono arretrati (backlog) di ordini inadempiuti e tutti gli ordini non immediatamente coperti sono persi nel momento in cui i clienti cercano fornitori alternativi. Da qui in poi
  • Desired Shipment Rate = Customer Order Rate Dove Customer Order Rate è una variabile esogena dal punto di vista del magazzino e del sottosistema Order Fulfillment. Una più semplice formulazione per le spedizioni (shipments) è:
  • Shipment rate =MIN(Desired Shipment Rate, Maximum Shipment Rate)(4.6) Quest’ultima equazione dice che l’azienda consegna quello che può consegnare o quello che vuole consegnare qualunque sia il più piccolo fra desired e maximum shipment rate. Quando Desired Shipment Rate eguaglia Maximum Shipment Rate, alcuni prodotti andranno fuori scorta e quindi il tasso di adempimento degli ordini (Order Fulfillment Ratio) sarà minore di 1. La figura 4.6 mostra la tipica forma per Order Fulfillment Ratio.
    Figura 4.5- Order Fulfillment come funzione di inventory

Per interpretare la figura bisogna notare le due linee di riferimento. Combinando le equazioni (4.3) e (4.4)

  • SR=DSR*OFR=DSR*f (MSR/DSR)

Dove SR, DSR, e MSR sono shipment, desired shipment, e maximum shipment rispettivamente e OFR è Order Fulfillment Ratio.
La linea orizzontale Order Fulfillment Ratio =1 rappresenta il caso in cui shipment eguagliano sempre desired shipments. Se SR si trova lungo la linea a 45° passante attraverso l’origine significa che SR=MSR: shipment eguaglia il massimo livello che il magazzino può supportare.
L’attuale relazione deve essere ristretta alla regione a destra e sotto le due linee di riferimento.
Quando l’azienda ha un ampio magazzino- in modo che maximum shipment rate è molto più grande di desired shipment rate, quindi la possibilità che qualche prodotto sarà fuori scorta è trascurabile e order fulfillment ratio è 1- shipment eguaglia desired shipment.
Il caso in cui order fulfillment ratio interseca la linea di 45° quando MSR Se non c’è un adeguato magazzino l’azienda può decidere di non adempiere agli ordini di piccoli clienti. Questa strategia riduce order fulfillment ratio sotto la linea di riferimento, nella regione in cui MSR

4.7. Produzione

La figura 4.6 mostra la struttura politica del tasso di produzione (production rate). Tipicamente la produzione coinvolge passi multipli che creano significativi magazzini di lavori in processo (Work in Process o WIP).

Figura 4.6- Production e WIP inventory
WIP è un livello incrementato dal flusso entrante “production start rate” e diminuito dal flusso uscente “production rate”:

  • WIP=INTEGRAL(Production Start Rate-Production Rate, WIPt0) Per modellizzare la variabile production rate si usa un delay di terzo ordine, dilazione necessaria per processare materiali fisici. La funzione che, nel software di studio Powersim, esprime questa dilazione è DELAYMTR (material delay):
  • Production Rate=DELAYMTR(Production Start Rate, Manufacturing Cycle Time,3) Manufacturing Cycle Time rappresenta il tempo medio di transito per tutti gli elementi aggregati nel modello.

4.8 Production Starts

La figura 4.7 mostra la struttura di decisione di inizio produzione. Per adesso non sono considerate restrizioni di capacità: Production Starts non dipende dalla disponibilità di materiale, lavoro, o capitale e attrezzature.

 


Figura 4.7 – Struttura di production Starts
Le regole decisionali di inizio produzione sono formulate usando una generica struttura di gestione delle scorte.
Production Start Rate è obbligata a non essere negativa ma diversamente eguaglia Desired Production Start Rate (poiché non sono ancora considerate restrizioni di risorse).
Desired Production Starts è determinato da Desired production rate e da Adjustment for WIP (approvigionamento per una produzione calante):

  • Production Start Rate=MAX(0, Desired Production Start rate)
  • Desired Production Start Rate=Desired Production+Adjustment for WIP

Adjustment for WIP modifica l’inizio della produzione per mantenere WIP inventory in linea con il livello desiderato.
Desired WIP è utilizzato per fornire un livello di lavoro in processo sufficiente da acconsentire il tasso desiderato di produzione dato il corrente Manufacturing cycle time:

  • Adjustment for WIP=(Desired WIP-WIP Inventory)/WIP Adjustment Time
  • Desired WIP=Manufacturing Cycle Time*Desired Production
    Desired Production è determinato dal tasso di ordine atteso (Expected Order Time) modificato da Adjustment for Inventory. Desired Production è obbligato a non essere negativo:
  • Desired Production=MAX(0,Expected Order Rate+Adjustment for Inventory)
  • Adjustment for Inventory=(Desired Inventory-Inventory/)Inventory Adjustment Time
  • Desired Inventory Coverage= Minimum Order Processing Time+Safety Stock Coverage

 

Per fornire un adeguato magazzino come un tampone contro variazioni inaspettate in domanda o produzione, l’azienda cerca di mantenere una copertura sicura di domanda aspettata (Expected Demand).
Desired Inventory Coverage include due componenti. Prima di tutto, l’azienda deve mantenere abbastanza copertura da inviare al tasso atteso richiedendo un livello base di copertura uguale al Minimum Order Processing Time (tempo minimo per lavorare l’ordine).
Secondo, per assicurare un adeguato livello di servizio l’azienda mantiene un’addizionale scorta di sicurezza (Safety Stock Coverage). Più grande è la copertura fornita dalla scorta di sicurezza, migliore sarà il livello di servizio.

4.9. Previsione della domanda (Demand Forecasting)

Si suppone che l’azienda preveda la domanda cosicché nel modello la variabile Expected Order Rate è trattata come un livello incrementato dal flusso Change in Exp Orders (variazione nella domanda attesa),come in figura 4.8.

Figura 4.8-Previsione della domanda

  • Expected Order Rate

 


Il processo di previsione può essere facilmente aumentato per includere periodiche correzioni o componenti aggiuntive per anticipare l’aumento della domanda.

4.10. Inizializzare il modello in equilibrio

Testare il modello dovrebbe essere un processo di sperimentazione controllata. Per questa ragione bisogna inizializzare il modello in un equilibrio bilanciato (balanced equilibrium).
Equilibrio significa che tutte le scorte nel sistema sono immutabili richiedendo che gli afflussi e gli efflussi devono essere uguali. Il modello in equilibrio implica anche che tutte le scorte sono uguali ai loro livelli desiderati.
Nel presente modello l’equilibrio richiede che production starts = production = shipments (le condizioni per WIP e Inventory sono costanti); la variazione negli ordini attesi (Expected Orders) deve essere zero.
In più un equilibrio bilanciato richiede che Inventory=Desired Inventory, WIP=Desired WIP e tutti i flussi eguagliano i loro obiettivi: Shipments, Desired shipments, expected orders, desired production, desired production starts, production starts, e production dovrebbero eguagliare gli ordini dei clienti.
Nel presente modello un equilibrio bilanciato è facilmente realizzato con le seguenti condizioni iniziali:

  • Inventoryt0 = Desired inventory /li>
  • WIPt0 =Desired WIP
  • Expected Order Ratet0 = Customer Order Rate

Sotto queste condizioni adjustment for inventory e per WIP saranno zero, così desired production starts = desired production = expected orders = customer orders; ulteriormente quando inventory = desired inventory, shipments = desired shipments = customer orders; desired inventory coverage è sufficientemente grande che order fulfilment ratio è uguale ad uno.

4.11. Comportamento del modello di produzione

Per iniziare a testare il modello la tabella 4.8 mostra i parametri che saranno considerati come costanti per un’azienda manifatturiera.

Figura 4.8- Parametri di base per il modello produttivo
Mentre “Minimum order processing time” è 2 settimane, l’azienda desidera uno stock di sicurezza (safety stock) di 2 settimane addizionali di copertura. Dati i valori per order fulfillment function, inventory coverage, uguale al minimum order processing time risulterebbe, in un livello di servizio dell’85%.
Aggiungendo uno stock di sicurezza uguale a 2 settimane addizionali di domanda attesa (expected demand) significa che il tasso massimo di spedizione (maximum shipment rate) sarebbe 2 volte il tasso desiderato quando inventory eguaglia il suo livello desiderato, abilitando l’azienda a riempire il 100% degli ordini.
Questo primo semplice modello che riguarda la gestione del magazzino senza considerare ancora la gestione e il reperimento dei materiali e gli ordini arretrati è stato implementato con Powersim e il diagramma strutturale è riportato in figura 4.9.

 


Figura 4.9- Struttura della gestione del magazzino
Come visto per l’esempio del capitolo precedente, tramite il software di simulazione scelto è possibile visualizzare tramite grafici di tempo l’andamento delle variabili, che costituiscono la struttura del sistema, e quindi poterne studiare il comportamento.
La figura 4.10 mostra la risposta dell’azienda ad un inaspettato incremento del 20% negli ordini dei clienti.

 


L’iniziale customer order rate è di 10 “widgets/week” . Desired shipment rate aumenta immediatamente dopo l’improvviso incremento in domanda. Inventory coverage immediatamente cade dal suo iniziale valore di 4 weeks a 3.33 weeks.
Nell’istante in cui customer order rate aumenta, inventory non è ancora cambiato, così Maximum Shipment Rate rimane lo stesso (20 widgets/week). L’incremento degli ordini del 20% riduce il rapporto tra maximum e desired shipment da 2 a 1.67.
Order fulfillment ratio a questo punto è sopra il 99%, cosi l’azienda è inizialmente capace di coprire quasi tutti gli ordini entranti, nonostante l’incremento.
Tuttavia, poiché la produzione continua all’iniziale tasso di 10 “widgets/week”, inventory cade sotto il livello iniziale. Come inventory cade, così l’azienda non è più in grado di spedire la merce. Dopo circa 7 settimane dall’improvvisa variazione di domanda, order fulfillment ratio scende al 95% causando la perdita di affari dell’azienda (e la sua reputazione come fornitore affidabile).
Il divario tra il magazzino desiderato e quello attuale costringe desired production ad alzarsi al di sopra di expected orders. Questo fa si che si apra un divario tra il livello attuale e quello desiderato di WIP. Di conseguenza, poiché WIP è incrementato da production start rate, questo cresce ulteriormente al di sopra di desired production rate.
Col passare del tempo l’azienda riconosce che l’iniziale incremento in domanda non è una casuale battuta d’arresto e la sua previsione di domanda gradualmente cresce.
Date le 8 settimane di livellamento per la previsione, serve circa mezzo anno per correggere il 95% della gestione per il nuovo tasso di ordine.
In questo periodo, il sistema non può realizzare un equilibrio bilanciato: se inventory e WIP inventory fossero stati uguali al loro valore desiderato, la produzione uguaglierebbe la previsione della domanda, che, dal momento che è minore degli ordini causa la caduta del magazzino.
Come expected orders cresce, così fa anche desired inventory, aggiungendo un divario tra il magazzino attuale e quello desiderato e incrementando desired production ulteriormente.
Production starts raggiunge il massimo aumentando del 42% circa rispetto al livello iniziale dopo circa 4 settimane dopo l’improvviso aumento di domanda.
Il rapido incremento in Production starts subito riempie la fornitura di WIP ma la produzione è indietro di 8 settimane. La produzione non sorpassa shipment se non dopo che sono passate 6 settimane; attraverso questo periodo di tempo inventory continua a scendere nello stesso modo in cui desired inventory cresce.
Inventory cessa di scendere quando la produzione uguaglia le spedizioni. Tuttavia il sistema non è ancora in equilibrio a causa del grande divario tra l’inventario desiderato e quello attuale e tra orders e expected orders.
Production eventualmente cresce al di sopra di shipments, provocando la crescita del magazzino, prima che esso raggiunga eventualmente il nuovo, e più alto, livello desiderato. E’ da notare che il massimo della produzione si raggiunge dopo circa ¼ di anno dopo la variazione degli ordini, molto più delle 8 settimane scelte come ritardo di produzione.
La simulazione del sistema rivela alcuni aspetti fondamentali del comportamento di una supplì chain:

  • Primo, l’iniziale risposta dell’azienda ad un inaspettato incremento nella domanda è un calo del magazzino. Il ritardo nella produzione (production delay) comporta un inevitabile calo iniziale del livello di magazzino ed è una fondamentale conseguenza della struttura fisica del sistema. La riduzione del magazzino contrasta bruscamente con il desiderio dell’azienda di tenere più scorte quando la domanda aumenta;
  • Secondo, l’amplificazione dell’incremento improvviso della domanda è inevitabile. Poiché il livello magazzino deve inizialmente cadere, l’unico modo per incrementarlo al suo iniziale livello e quindi elevarlo al nuovo, più alto livello desiderato è quello di far eccedere la produzione rispetto alle spedizioni. Production deve passare parecchio al di sopra di shipment rate per creare un magazzino che eguagli il nuovo livello desiderato. Production starts deve elevarsi ancora di più cosicché il livello di WIP può portarsi ad un livello consistente con un più alto tasso di produttività.
  • Terzo, la correzione alla produzione raggiunge il suo massimo più o meno quando inventory raggiunge il suo minimo. Inventory tocca il minimo solo dopo che la produzione è finalmente cresciuta abbastanza da eguagliare le spedizioni (shipments). Questa fase di ritardo caratteristica della maggior parte delle supplì chains, è una fondamentale ed inevitabile conseguenza della struttura fisica di scorte e flussi.

4.12. Arricchire il modello: Aggiungere gli ordini arretrati (Order Backlogs)

Fin ora si è assunto che, nel modello, gli ordini non immediatamente adempiuti sono persi per sempre.
Molte aziende manifatturiere non possono consegnare immediatamente e mantenere un arretrato di ordini inadempiuti che accentua la differenza tra gli ordini e le spedizioni.
Gli arretrati emergono ogni qualvolta c’è una dilazione tra il ricevimento e la consegna di un ordine.
Questi ritardi possono essere causati dalle attività amministrative, come la necessità di personalizzare o configurare il prodotto a seconda delle necessità di un particolare cliente, o dilazioni nelle spedizioni al luogo del cliente.
Quando i costi di mantenimento in magazzino sono molto alti, le aziende preferiscono mantenere gli arretrati di ordini inadempiuti e adoperare un sistema make-to-order se possono approviggionare tecnicamente il prodotto finito.
La figura 4.10 mostra come il sottosistema order fulfillment può essere modificato per includere un esplicito ordine arretrato (order backlog).

Figura 4.11- Struttura per order backlog
Un order backlog implica che c’è una dilazione tra la disposizione e la ricezione di un ordine.
Attraverso una piccola legge il rapporto di un order backlog rispetto ad order fulfillment rate misura la media della dilazione di consegna (delivery delay) in qualsiasi momento:

  • Delivery Delay = Backlog/Order Fulfillment Rate
  • Backlog = INTEGRAL(Order Rate-Order Fulfillment Rate, Backlogt0)

TQuest’ultima equazione indica che il backlog è aumentato dagli ordini ricevuti e decrementato dall’adempimento di tali ordini.
Order fulfillment rate è uguale a shipment rate. Ogni volta che un “widget” è spedito al cliente il backlog è diminuito di una unità.
Mentre shipment rate e order fulfillment rate sono assunti numericamente uguali e sono misurati con le stesse unità (widgets/week), essi sono concetti distinti.
Shipment rate è il tasso fisico di prodotti che lasciano l’azienda, mentre order fulfillment rate rappresenta un flusso di informazioni.
Nella struttura corretta desired shipment rate è il tasso di spedizioni che assicurerà l’adempimento degli ordini all’interno del target di dilazione di consegna (target delivery delay).
Target delivery delay è la meta dell’azienda per l’intervallo tra la disposizione e la ricezione degli ordini.
Il delivery delay attuale sarà uguale a quello posto come obiettivo quando shipment rate uguaglia desired shipment rate:

  • Desired Shipment Rate = Backlog/Target Delivery Delay

Infine, il tasso degli ordini dell’azienda è impostato per essere uguale a customer order rate.
In un modello con clienti molteplici, order rate dovrebbe essere la somma degli individuali customer order rate.
Per far si che il modello inizi da una situazione di balanced equilibrium, il backlog iniziale deve essere uguale al valore del target delivery delay degli ordini entranti:

  • Backlogt0 = Target Delivery Delay*Order Rate

4.13. Comportamento dell’azienda con gli Order Backlogs

Le figure 4.12 e 4.13 il diagramma strutturale e i grafici di simulazione che mostrano il comportamento del modello con l’aggiunta della struttura comprendente gli ordini arretrati (order backlogs).
La variabile target delivery delay è impostata a 2 settimane. Come prima c’è un incremento inaspettato degli ordini del 20% da un iniziale balanced equilibrium.

Figura 4.12- Diagramma strutturale con l’aggiunta degli order backlogs.

 


Sebbene abbastanza simile al modello senza backlog, ci sono alcune sottili differenze.
Immediatamente dopo l’incremento degli ordini, shipments continuano al loro tasso iniziale.
Backlogs perciò crescono e così fa anche desired shipment rate. Le spedizioni attuali tengono inizialmente il passo, ma come il livello di magazzino dell’azienda cade, order fulfillment ratio cala sotto 100%, causando la scesa di shipment al di sotto di desired shipments. Delivery delay inizia a crescere.
Un backlog ha due effetti:

  • Primo, a causa degli arretrati negli ordini e delle spedizioni, desired shipment cresce molto gradualmente rispetto al caso senza arretrati. Come risultato il calo nel magazzino è molto graduale, riducendo lievemente l’amplificazione in production starts a 1.97 rispetto a 2.12 del caso senza backlogs. Il massimo in production start rate attarda la variazione degli ordini molto più lievemente che nel caso senza backlogs.
  • Secondo, gli ordini che non possono essere adempiuti immediatamente non sono persi ma rimangono nel backlog fino a quando non sono inviati. Production rate quindi deve crescere sopra order rate dal momento in cui l’azienda lavora al di fuori degli arretrati fin quando un sufficiente magazzino diviene disponibile.

4.14. Aggiungere il magazzino dei materiali grezzi (Raw Materials Inventory).

Finora il tasso di produzione iniziale uguaglia sempre il tasso di produzione iniziale desiderato, implicando che risorse come materiali, lavoro, e capitale sono sempre ampi.
La figura 4.14 mostra come la struttura del modello può essere corretta per includere un’ esplicito stock di materiali grezzi o componenti.

Figura 4.14- Struttura di Materials Inventory
Il magazzino dei materiali grezzi è modellato come una struttura di gestione delle scorte analoga al magazzino di prodotti finiti.
La produzione può iniziare solo se c’è una sufficiente scorta di materiali, e l’azienda deve ordinare materiali a sufficienza per mantenere il magazzino ad un appropriato livello.
Production start rate è riformulato per essere uguale a Feasible Production Starts from Materials (inizio di produzione fattibile dai materiali), il tasso con cui la produzione può avere inizio.
Material Usage Rate è il tasso di utilizzo dei materiali (materials/week) e Material Usage per Unit è la quantità di materiali richiesta per unità di prodotto uscente (materials/widget):/p>

  • Production Start Rate = Feasible Production Starts from Materials
  • Feasible Production Starts from Materials = Material Usage Rate/ Material Usage per Unit

Material Usage Rate è analogo a Shipment rate. L’attuale tasso di utilizzo del materiale è il tasso di utilizzo del materiale desiderato (Desired Material Usage Rate) a meno che la scorta di materiali è inadeguata, caso in cui il tasso di utilizzo cade al di sotto di quello desiderato.
Material Usage Ratio è la frazione del tasso desiderato realizzato basato sull’adeguatezza del magazzino dei materiali.
Poiché il modello aggrega molti tipi di materiali e componenti, usage ratio gradualmente scende al di sotto del 100% come Maximum Material Usage rate (tasso di massimo utilizzo del materiale) cade sotto il tasso di utilizzo desiderato:

  • Material Usage Rate = Desired Material Usage Rate*Material Usage Ratio

La funzione che determina Material usage Ratio è analoga alla formulazione per Order fulfilment Ratio. Il tasso desiderato di utilizzo del materiale è dato dall’inizio di produzione desiderato e dall’utilizzo del material per unità:

  • Desired Material Usage Rate=Desired Production Start Rate*Material Usage per Unit

Il tasso massimo con cui i materiali possono essere usati è determinato dal magazzino corrente e dal tempo minimo richiesto per preparare e consegnare i materiali alla linea di produzione.
Questa copertura minima di materiali in magazzino dipende dal sistema di gestione dei materiali dell’azienda e dal tempo di trasporto tra la scorta di materiali e la linea di produzione.

  • Maximum Material Usage rate = Materials Inventory/Minimum Material Inventory Coverage

La scorta di materiali è incrementata dal tasso di consegna dei materiali (Material Delivery Rate) e diminuita dal tasso di utilizzo dei materiali (Material Usage Rate):

  • Materials Inventory=INTEGRAL(Material Delivery Rate- Material Usage Rate,Materialst0)
  • Material Delivery Rate=MAX(0, Desired Material Delivery Rate)
  • Desired Material Delivery Rate= Desired Material Usage Rate+Adjustment for Material Inventory
  • Adjustment for Material Inventory
    Desired Material Inventory-Materials Inventory
    ———————————————
    Material Inventory Adjustment Time

Il magazzino dei materiali desiderato è determinato dal tasso di utilizzo desiderato e dalla copertura del magazzino dei materiali desiderato, che, allo stesso modo del magazzino dei prodotti finiti è impostato come la somma della copertura minima richiesta e una scorta di sicurezza per assicurare che le scorte non obbligano l’inizio della produzione sotto normali circostanze:

  • Desired material Inventory=Desired Material Usage Rate*Desired Material Inventory Coverage
  • Desired Material Inventory Coverage=Minimum Material Inventory Coverage+Material Safety Stock Coverage

Per facilitare l’analisi del modello, e senza perdeta di generalità, la simulazione asume Material Usage per Unit=1 material unit/widget. Minimum Materials Inventory Coverage è 1 settimana (1 week) e Safety Stock Coverage è assunto anch’esso pari ad 1 week. Material Inventory Adjustment Time è impostato a 2 week.
La funzione che determina Material Usage Ratio è la stessa usata per shipments dal magazzino finale.
La figura 4.15 mostra la risposta del modello ad un inaspettato incremento del 20% degli ordini.

 


Figura 4.15- Risposta del magazzino dei materiali ad un inaspettato incremento del 20% nella domanda.
Dati i parametri e l’assunto incremento della domanda , il magazzino dei materiali non apporta costrizioni alla produzione di partenza.

Per cui production starts uguaglia sempre desired start rate e il comportamento di tutte le variabili del modello è lo stesso dei grafici di figura 4.13 (questo non può essere vero per una grande variazione di domanda).

5. Piano sperimentale

5.1. Introduzione

Nel capitolo precedente la struttura del modello per la gestione delle scorte è stata studiata sotto un aumento inaspettato del 20% della domanda che poi rimane costante.
La reazione del sistema a questo evento improvviso si esprime in un certo ritardo della risposta delle variabili per riportare il sistema stesso all’equilibrio.
Lo scopo di questo capitolo è quello di studiare il modello, e quindi la risposta delle variabili che lo caratterizzano, sotto diverse condizioni di variazione della domanda.

5.2. Variazione casuale della domanda

Nel mondo reale, sicuramente, le supply chains non sono colpite solo una volta ma sono continuamente perturbate da variazioni degli ordini dei clienti.
Queste variazioni improvvise perturbano costantemente il sistema portandolo fuori dall’equilibrio, provocando una risposta caratteristica che dipende dalla struttura di retroazione propria del sistema.
Un flusso di variazioni casuali nella domanda può essere pensato come una successione continua di piccole pulsazioni nella domanda, ognuna con una grandezza casuale.
Si consideri un tempo di simulazione di un anno e che la domanda vari casualmente in un range compreso tra 10 e 12 widgets/week come riportato nel grafico seguente:

 


Figura 5.1- Variazione casuale della domanda.
I grafici di figura 5.2 mostrano la risposta del sistema ad una variazione casuale negli ordini del cliente.
Come ci si aspetta, la supply chain si comporta suonando come un campanello.
Le variabili shipment rate e desired shipment rate mostrano bene questo tipo di risposta.
Nei primi mesi di simulazione desired shipment oscilla al di sopra di shipment perché di fronte ad una variazione casuale della domanda l’azienda si trova inizialmente spiazzata e il magazzino scende al di sotto del livello desiderato.
Dopo circa sei mesi di simulazione shipment e desired shipment raggiungono lo stesso livello e delivery delay torna al suo valore iniziale (2 settimane).
A partire da questo periodo fino alla fine della simulazione shipment e desired shipment hanno lo stesso andamento, perché il magazzino ha raggiunto il livello desiderato, ed oscillano alla stessa maniera in un range ristretto intorno al valore di 11 widgets/week che è il valore medio fra 10 e 12 widgets/week.

 


Il divario tra il magazzino attuale e quello desiderato, causato dalla casuale variazione della domanda costringe production start rate ad aumentare con un’amplificazione di circa il 40% rispetto al valore iniziale (10 wdg/wk).
Questo aumento è dovuto al fatto che di fronte ad una variazione casuale degli ordini l’azienda non è subito in grado di pianificare una corretta previsione degli ordini dei clienti.
Infatti si nota che solo dopo circa sei mesi i paramentri del sistema oscillano in un range sempre più ristretto (intorno agli 11 widgets/week).
Questo evidenzia che lo scopo del magazzino e dei backlogs in una supply chain è quello di tamponare il sistema contro impreviste fluttuazioni della domanda, naturalmente con ritardi che dipendono dalle caratteristiche del sistema stesso.
Di seguito si riportano le tabelle con i valori assunti dai parametri del sistema nel corso della simulazione:

 


Figura 5.3- Tabella che riporta i valori di inventory, desired inventory, WIP e desired WIP assunti durante la simulazione

 


Figura 5.4- Tabella che riporta i valori di production rate, customer order rate,expected order rate, desired production,production start rate, desired shipment rate, shipment rate assunti durante la simulazione


5.3. Risposta del sistema ad una diversa politica degli ordini attesi

E’ interessante osservare il comportamento del sistema adottando una diversa politica di previsione della domanda.
In particolare si può osservare come si comporta la supply chain utilizzando la funzione “Slidingaverage” (media mobile) applicata alla variabile “Change in expected orders”.
La funzione restituisce la media degli Input su un dato periodo di tempo.
Il periodo di tempo per il quale è stata applicata la media dei valori assunti dalla variabile “Change in expected orders” è di 20 settimane.
Questa politica è stata applicata sia al modello con variazione casuale degli ordini, sia al modello con incremento improvviso del 20% della domanda.

5.4. Confronto fra i modelli di simulazione.

Lo scopo di questo capitolo è quello di studiare i due modelli di simulazione fin ora esaminati (quello con incremento improvviso del 20% della domanda e quello con variazione casuale degli ordini) nelle diverse politiche di previsione della domanda, ossia quella ad inseguimento finora vista, e quella a media mobile.

  1. Modello con incremento del 20% della domanda: tabelle di confronto nelle due tipologie di previsione della domanda.

    Come si nota dal grafico e dalla tabella di confronto le sostanziali differenze fra le due politiche di previsione della domanda possono essere ricercate analizzando la prima e la seconda parte della simulazione:
  • Per i primi sei-sette mesi circa, utilizzando il modello a media mobile, il magazzino si mantiene sempre ad un livello più basso rispetto a quello del modello ad inseguimento;
  • Nei mesi successivi, invece, si ha un andamento del tutto opposto, ossia il magazzino studiato col modello a media mobile cresce in maniera più ampia rispetto a quello analizzato col modello ad inseguimento;
  • Alla fine della simulazione, tuttavia, in entrambi i modelli il magazzino raggiunge lo stesso livello, pari a quello desiderato di circa 48 widgets.

Una diversa politica di gestione della domanda, quindi, non produce variazioni nel raggiungimento dell’obiettivo, cioè quello di assicurare un adeguato livello di magazzino, bensì nelle modalità con cui tale obiettivo viene conseguito.
Per cui l’azienda può decidere, a seconda delle modalità di approvvigionamento dei materiali, dei tempi di lavorazione, ecc. di mantenersi ad un livello più basso di magazzino nei primi mesi di gestione per poi portarsi ad un livello più alto di quello desiderato per compensare il deficit iniziale (caso del modello a media mobile), oppure scegliere una politica più graduale in base alla quale, dopo un inevitabile calo iniziale, dovuto all’incremento improvviso della domanda, il livello del magazzino cresce gradualmente fino a raggiungere il livello desiderato senza mai superarlo (caso del modello ad inseguimento).
Il confronto fra i livelli dei magazzini assunti durante la simulazione è utile per valutare i costi di gestione delle scorte.
Un altro confronto interessante, utilizzando le due politiche di previsione della domanda, è quello fatto sui backlogs come indice del numero dei prodotti arretrati e quindi del grado di insoddisfazione del cliente.


Dal grafico e dalla tabella di confronto si nota che utilizzando una politica di previsione della domanda a media mobile, nella parte centrale della simulazione si raggiunge un livello di prodotti nei backlogs (26 widgets) più alto che nel caso ad inseguimento (25 widgets); tale differenza poi si annulla nella parte finale della simulazione in cui per entrambi i modelli il numero di ordini arretrati si porta ad un valore costante pari a 24 widgets.

  • Modello a variazione casuale della domanda: tabelle di confronto nelle due tipologie di previsione della domanda.
    Dai grafici e dalla tabella di confronto si possono dedurre alcune differenze nell’adozione delle due politiche di previsione della domanda per il modello a variazione casuale degli ordini:

 

  • Utilizzando il modello ad inseguimento si nota che, dopo un iniziale ed inevitabile calo del magazzino, dovuto alla variazione del tutto casuale della domanda, l’azienda riconosce che la domanda varia in un range ristretto (tra 10 e 12 widgets/week) e ilivello del magazzino comincia a crescere inseguendo e raggiungendo il livello desiderato;
  • Utilizzando invece, il modello a media mobile accade che gli ordini attesi non hanno un andamento ascendente come nel caso ad inseguimento, ma oscillano in un range compreso tra 10 e 12 widgets/week assumendo valori che sono le medie degli ordini attesi nel periodo considerato (20 settimane); di conseguenza anche il livello del magazzino ha un andamento simile. Dopo un calo iniziale, il livello di magazzino cresce raggiungendo un massimo di circa 57 widgets (quando gli ordini attesi raggiungono il picco di 12 widgets/week) andando sopra il livello desiderato. Dopo di che inizia a calare scendendo al di sotto del livello desiderato. Se si allungasse il periodo di simulazione si noterebbe che gli ordini attesi oscillerebbero in un range sempre più ristretto intorno a 11 widgets/week, mentre i picchi minimi e massimi del livello di magazzino si avvicinerebbero sempre di più al livello desiderato.

 


Dal grafico e dalla tabella di confronto si evince che l’utilizzo delle due differenti politiche di previsione della domanda nel caso di variazione casuale degli ordini del cliente non comporta differenze sostanziali nella gestione dei backlogs.

5.5. Conclusioni

Il lavoro è stato orientato allo sviluppo di modelli di simulazione di una supply chain basato sull’approccio system dynamics. Questo linguaggio di modellazione grafica è uno dei grandi vantaggi dei modelli costruiti con Powersim Studio ed offre la possibilità di creare strutture chiare e trasparenti.
E’ stato sviluppato un modello di simulazione, per la gestione delle scorte di magazzino, per testare le potenzialità del software e le sue caratteristiche principali.
Dopo aver definito tutte le variabili ed aver inizializzato il sistema in equilibrio, l’oggetto dello studio è stato quello di osservare il comportamento del modello sotto diverse condizioni di variazione degli ordini del cliente.
Tale studio è stato facilitato dalla possibilità, offerta dal software, di poter riportare in grafici e tabelle l’andamento delle variabili nel periodo di simulazione e poterle confrontare sia nel caso di diverse condizioni della domanda (aumento inaspettato del 20% oppure variazione casuale) sia nel caso di diverse politiche di gestione degli ordini attesi (modello ad inseguimento o a media mobile).
Il confronto ha permesso di evidenziare le variazioni significative nella gestione del magazzino e degli ordini arretrati. La simulazione con Powesim Studio permette quindi di sviluppare ed esaminare diverse strategie in un computer prima di perfezionarle nel mondo reale.
Un’ altra caratteristica che è stata ritenuta rilevante nello studio dei modelli di simulazione è che Powersim offre la possibilità di comunicare direttamente con Microsoft Excel al fine di rendere disponibili grafici e tabelle di confronto che consentano di visualizzare le differenze nell’adottare diverse strategie di gestione della supply chain.
Per quanto riguarda la fase di apprendimento dell’utilizzo del software è stata constatata una certa difficoltà iniziale dovuta alla non chiarezza e semplicità del manuale dell’utente soprattutto per quanto riguarda le funzioni matematiche da associare alle variabili grafiche (flussi, livelli, costanti, ecc…).
Fortunatamente la presenza, all’interno del pacchetto software di tutorial dimostrativi ha reso meno ostica la fase di studio. In definitiva si può affermare che, data la dinamicità (es. variabilità della domanda) e casualità (es. indisponibilità non prevista di una macchina) dei sistemi produttivi non è sempre facile rispondere in modo preciso a quesiti che implicano importanti risvolti sia economici che operativi.
La dinamicità imposta dal mercato, le esigenze di combinare qualità e costi, l’integrazione delle fabbriche nell’ottica delle supply chain costringono a ristudiare costantemente i processi produttivi.
In quest’ottica la simulazione è uno strumento efficace per aiutare i manager a prendere decisioni in modo ottimale sia a livello strategico che operativo.
Dai risultati ottenuti, mettendo a confronto i due modelli di simulazione con domanda a variazione casuale ed a gradino nelle diverse politiche degli ordini attesi, per la gestione del magazzino si è rilevato che:

  • Nel modello con incremento del 20% della domanda una politica di previsione a media mobile è preferibile se si vuole mantenere il magazzino ad un livello più basso nei primi mesi di gestione per poi crescere in maniera più consistente rispetto a quello del modello ad inseguimento nella parte finale della simulazione;
  • Nel modello a variazione casuale della domanda, utilizzando la politica a media mobile per gli ordini attesi, il livello del magazzino cresce al di sopra del livello desiderato per poi calare nella seconda parte della simulazione; utilizzando, invece una politica ad inseguimento, il livello del magazzino dopo un calo iniziale dovuto alla variazione casuale della domanda cresce gradualmente fino a raggiungere, senza mai superarlo, il livello desiderato.

Per quanto riguarda la gestione dei backlogs, mettendo a confronto le due politiche di previsione della domanda si è rilevato che:

  • Nel modello con variazione della domanda a gradino utilizzando una politica di previsione della domanda a media mobile, nella parte centrale della simulazione si raggiunge un livello di prodotti nei backlogs (26 widgets) più alto che nel caso ad inseguimento (25 widgets); tale differenza poi si annulla nella parte finale della simulazione in cui per entrambi i modelli il numero di ordini arretrati si porta ad un valore costante pari a 24 widgets.
  • Nel modello a variazione casuale della domanda l’utilizzo delle due differenti politiche di previsione della domanda non comporta differenze sostanziali nella gestione dei backlogs.

La fase sperimentale ha riguardato ….ma le analisi di confronto o di studio in generale di un sistema produttivo possono essere estese a tutte le altre componenti del modello (es. alla fase produttiva, al reperimento dei materiali grezzi, ecc.) e questo in base alle esigenze specifiche dell’azienda al fine di trovare una corretta soluzione per una gestione oculata di tutto il sistema.
Il lavoro sviluppato in questa tesi è un punto di partenza che ha messo in evidenza le potenzialità del software utilizzato. Sono stati analizzati alcuni aspetti della gestione di una supply chain, riguardanti la gestione del magazzino sotto diverse politiche di previsione della domanda, ma il lavoro di analisi può essere ampliato a tutto il resto del sistema (reperimento dei materiali, produzione, ecc.).

Bibliografia

  • F. Caron, R. Wegner – “Studio di fattibilità, layout, simulazione” – CUSL
  • John Sterman, John D. Sterman ,Business Dynamics: Systems Thinking and Modeling for a Complex World , Edition: Hardcover
  • Manuale powersim
  • Dispense

 

 

Sitografia

  • www.powersim.com
  • www.unitec.it
  • www.systemdynamics.org
  • www.systemdynamicsapplications.com
  • www.sysdyn.mit.edu

 

 

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